Dal vangelo apocrifo di Don Felice 3, 7 – 37
E il don, esortato dai suoi, disse ancora: «La squadra di una grande città aveva due giocatori: Tomàs e Nicola. Il primo, più giovane, era di proprietà della squadra che lo mandava a faticare ovunque, compresa la provincia e le serie minori. Tomàs, da bravo figliolo, faceva tutto quello che gli veniva richiesto con il sorriso sulle labbra. Nicola, più vecchio di qualche anno, si presenta come un campione: bravo, bello e molto amato dalle fanciulle. Arriva dopo stagioni esaltanti, ma il suo talento sembrava essere svanito così improvvisamente come, altrettanto improvvisamente, apparvero le prime mèches bionde. Nicola pensava che gli fosse tutto dovuto e iniziò la “vita” peccaminosa che lo avrebbe portato lontano dalla strada del Signore: donne, alcool, festini e sostanze stupefacenti. Tomàs, da par suo, continuava a faticare duro in provincia, solo casa, chiesa e campetto. Le loro vite andarono avanti così: Tomàs, pregando il Signore che gli concedesse la grande occasione e Nicola che del Signore se ne infischiava e che la sua grande occasione la stava sprecando.
La storia per Nicola andò avanti fino a quando la squadra, stufa del suo scarso rendimento ed esacerbata dal suo comportamento immondo e godereccio, decise di mandare anche lui in provincia, per guadagnarsi il pane faticando davvero. Ma Nicola perseverava diabolicamente nell’errore e, nonostante la dura vita di provincia, la sua strada lo stava ancora portando pericolosamente lontano da Dio. Non era il Signore il solo problema di Nicola, ma anche il suo rendimento in campo; tanto più conosceva donne fuori dal sacramento del matrimonio, tanto più il suo talento lo abbandonava.
Intanto, nonostante l’ennesimo rifiuto della squadra alla richiesta di riportarlo a casa, Tomàs continuava a giocare con la pace nel cuore che aveva trovato grazie alla comunità degli Atleti di Cristo. Sapeva che il Signore era con lui e che presto sarebbe arrivata la sua occasione. Non sapeva però che il Signore, le quali vie sono davvero infinite, aveva predisposto per lui un compito diverso da quello che si sarebbe aspettato: incrociare la sua strada con quella di Nicola.
E così accadde che in provincia Tomàs e Nicola si conobbero. Tomàs comprese subito che Nicola non aveva la pace nel cuore e che il suo continuo peccare lo stava allontanando da Dio e dalla grande occasione di essere un campione. Tomàs insegnò a Nicola le scritture e le preghiere, gli mostrò i comandamenti e spiegò che i piaceri della carne erano immorali e sbagliati. Insieme frequentarono la comunità degli Atleti di Cristo e Nicola diventò a tutti gli effetti un atleta di Cristo.
Dopo questa esperienza i due tornarono nella grande squadra perché per loro era arrivato il momento della riscossa, della grande occasione. La stagione iniziò con prospettive importanti, ma il Signore aveva deciso che solo uno dei due ce l’avrebbe fatta. Nicola era il prescelto, colui che aveva lottato e perso contro il demonio, la pecorella smarrita cercata e ritrovata dal buon Pastore per mezzo del servo fedele, Tomàs.
Quell’anno Tomàs giocò una partita, lasciò la squadra a metà stagione per non tornare più; era stato un servo fedele a Dio, con la pace nel cuore e il desiderio di dedicarsi al Signore. Infatti il suo compito più importante era compiuto: portare Nicola sulla strada del Signore. Nicola, la pecorella che aveva smarrito la via di Dio tornò il campione che era grazie a Tomàs e agli Atleti di Cristo. Ma soprattutto grazie al Padre che non abbandona mai nessuno e che ha un disegno per ognuno dei suoi figli, anche quelli più distanti da Lui. Meditate su queste parole.»
Allora prese la parola Giovanni, il cresimando preferito e chiese: «Ma perché il servo, che era stato tanto fedele a Dio, non è stato ricompensato con il posto da titolare nella grande squadra?». Dopo aver meditato sulle parole giuste da dire il don rispose: «Perché nu’ era bbono a giocà a pallone».