Che bella mattina di sole!
Il caldo desertico e la mancanza di cibo e di acqua del Qatar, ovviata grazie a massicce importazioni dall’estero in cambio di gas e petrolio di cui il Qatar è, grazie a Dio, pieno, suggeriscono a Matteo, piccolo bambino allegro e impertinente, di farsi una bella partita a calcio con gli amici. Matteo afferra i pantaloncini, poi la magliettina, poi le mutandine e le calzette. Infila tutti gli indumenti nel modo a lui più congeniale e… fuori!
Il numero dei lavoratori morti per la costruzione degli stadi da quando è cominciato questo fantastico sogno dei Campionati del Mondo di calcio riservati alle squadre nazionali di calcio maschili in Qatar nel 2022 (Matteo e i suoi amici non vedono l’ora), è arrivato a oltre un miliardo. Almeno così dicono i papà del quartiere, che non vedono l’ora di vedere da vicino e toccare con mano i loro beniamini: Leonardo Messi, Ronaldo CR7, O’Ney (visti tutti in tv!) e naturalmente… tifare Qatar!
Ma a Matteo in questo momento proprio non importa nulla di nessuna cosa. La giornata è bellissima, il suo fisico possente di bambino è temprato e niente lo può fermare. Davvero è una bellissima giornata, proprio non c’è di meglio che giocare a pallone! Matteo inforca gli occhiali e lo zainetto e corre pregando Dio di non arrivare in ritardo, quel giorno lontano, alla finale dei Mondiali. Suo padre, pur contrario al gioco del calcio, ha già comprato il biglietto. Di fronte ai casi comprovati di schiavitù della manodopera proveniente soprattutto da Bangladesh e India, torture fisiche e morali, condizioni di vita da inferno, tutte ignorate dal potente Sceicco Al Thani, anche presidente del Paris St. Germain e Re del Qatar e fratello della più influente collezionista d’arte del mondo, Al Khayassa, beh… di fronte a tutto questo, il piccolo Matteo cosa può farci? Lui è solo un piccolo bambino che ama il calcio con tutto il cuore e vorrebbe che tutti lo amassero come lui, ma se non si può, che può farci lui? Che può farci? E poi, è una bellissima giornata!
Quel giorno, però, sul campetto di erba sintetica del quartiere con le telecamere della polizia qatariota (che garantiscono la sicurezza nel gioco e nella serietà) puntate dritte verso il suo musetto da peperino, Matteo invece dei suoi amici trova una persona grande, forse il più grande di tutti: un anziano di colore nero come il petrolio, i capelli corti bianchissimi e gli occhi furbi di chi ha visto tante cose brutte ma alcune le ha anche fatte e quindi sa che il mondo non è del tutto cattivo, anzi, si può dire che il mondo è… meraviglioso!
“Ciao Matteo, mi riconosci?” dice il signore anziano con il pallone stretto tra le lunghe dita nodose.
Matteo è stupito: “Ma dove sono i miei amici? E come fai a conoscere il mio nome, tu che sei anziano e parli anche una lingua molto diversa dalla mia, ma che comunque capisco?” Si pente un po’ di aver parlato troppo, spera di non essere stato indiscreto e che il signore anziano non si arrabbi. Sono soli in quel campo, potrebbe fargli del male… e se fosse l’Uomo Nero? Ma poi per fortuna guarda le telecamere della polizia qatariota e si tranquillizza pensando che gli agenti staranno sicuramente ascoltando il loro dialogo ed interverranno a uccidere questo mostro nero prima che lui possa divorarlo, come sembra intenzionato a fare.
“Che giornata terribile!” pensa Matteo all’improvviso, quando vede il vecchio misterioso avvicinarsi verso di lui con lo sguardo strano e obliquo.
“Chiamo subito i papà del quartiere!” urla Matteo, proprio mentre l’uomo è a un passo da lui, ma il piccolo è paralizzato dall’orrore e dal terrore e dalla fobia. L’anziano si china verso il suo volto delicato ma ingenuo, senza mai lasciare la presa sul pallone da calcio. Matteo nota che il pallone è pieno di scritte, di parole ognuna di quattro lettere. Riesce a riconoscere quattro simboli che lui conosce bene perché ha visto il calcio in televisione e ormai tutti i bambini conoscono l’inglese e le altre lingue, soprattutto i bambini intelligenti come lui!
P E L E, scritto a penna su tutti gli esagoni del pallone, in modi diversi, con colori diversi, ora in corsivo, ora in stampatello, ora di fretta ora di furia. Ma non c’è tempo di studiare ancora il pallone.Gli occhi di Pelè sono fissi nei suoi: “Davvero non conosci Pelè?” gli chiede il vecchio.
“No e non mi interessa niente di te!”
Non si possono descrivere i momenti successivi se non attraverso un ricordo che Matteo conservava nel cuoricino. Un giorno un suo amico gli disse che in Qatar, per i Mondiali del Calcio, avevano costruito uno stadio bellissimo, nuovo, nuovo, grazie allo sfruttamento di migliaia di persone disperate, che in molti casi hanno trovato la morte e che questo stadio aveva la forma di una vagina. Matteo non sapeva cos’era una vagina e finse di non crederci. Allora il suo amico gli fece vedere una foto e, visto che tutti gli altri presenti facevano sì con la testa, allora anche lui ci credette. La sera, a tavola con la sua bellissima famiglia unita disse: “Papà, mamma, fratelli, in Qatar c’è uno stadio che somiglia a una vagina e questo per me è un sogno, grazie Papà!”
La mamma smise di mangiare all’improvviso e lo guardò severamente, il papà si alzò in piedi e cambiò completamente espressione, inarcando i baffi con furore. Matteo ebbe così tanta paura che si paralizzò, esattamente come ora con Pelè. Il papà gli chiese: “Che cos’è una vagina, Matteo?”
“Non lo so, papà”, con una derrata alimentare di importazione in gola.
Il papà scoppiò in una fragorosa risata. Una risata bellissima e piena di gioa, come l’esultanza per un gol. E tutta la famiglia rise e tutti decisero che era una giornata davvero splendida per uscire e giocare a calcio! Che bellissima giornata che fu!
Ebbene, Pelè, il vecchietto che lo sta così spaventando, comincia a ridere così forte, in un modo così dolce e sensuale, che mai felicità più piena ha abitato nel cuore di Matteo. Ridono insieme per minuti e minuti, da soli nel campo e davvero non si può impedire a nessuno di pensare che anche la telecamera, chissà, forse per magia, si sia distorta in un sorriso meccanico, pieno di comprensione per questo bellissimo e insperato incontro. Quando smettono di ridere, distesi sul campo di ultima generazione, Pelè si sistema il pallone vicino al vecchio piede nudo destro e lo sfida: “Forza, prova a togliermi la palla!”.
Per Matteo, con la forza di un bambino ben nutrito, dovrebbe essere un gioco da ragazzi beffare un signore di quasi novant’anni. E invece nonostante gli sforzi, scivolate, colpi proibiti, Pelè tiene saldo il pallone tra i piedi, ridendo e… meraviglia delle meraviglie!… trovando anche il tempo, estratto un grosso pennarello dalle tasche in modo fulmineo, di continuare a firmare altri esagoni liberi con il suo nome! Matteo non riesce proprio a vederlo il pallone e corre e si imbizzarrisce e si eccita per la giornata incredibile che sta trascorrendo nel suo bellissimo paese. Che bello vivere così!
Dopo ore ed ore di divertimento, si sa, tutti lo sanno, si fa sera. E il vecchio e il bambino si prendono per mano, stanchissimi e felici come solo i vecchi e i bambini sanno essere quando si lasciano andare all’ozio e ai desideri di felicità. Guardando il cielo di Doha scurirsi, con gli occhi che volano a cercare le prime stelle parlano ancora un poco.
“Vedi quella prima stellina?” dice Pelè.
“Sì, Pelè. E’ Venere, la prima stellina è sempre Venere”.
“No. E’ la casa di Dio. E’ lui che torna a casa dal lavoro e accende la luce del salotto. Poi piano piano accende tutte le altre stelle”.
“Che bello stare qui con te, Pelè. Ma dimmi, dove sono i miei amici? Perché non sono venuti?”
“I tuoi amici erano a seppellire i corpi delle persone che sono morte per costruire lo stadio-vagina ed erano troppo stanchi per venire a giocare a calcio, per questo sono venuto io!”
“Lo stadio-vagina? Ma allora esiste davvero, Pelè?”
E di nuovo Pelè, come suo padre, come tutti quelli che avevano parlato dello stadio-vagina prima di lui, tranne il suo amico, che era stato molto serio invece (e forse questa è la natura degli scherzi ben riusciti, comprende per la prima volta il piccolo Matteo… già piccolo uomo?), ride sguaiatamente con le ultime forze che gli rimangono nel cuore. Ma il suo grande torace ha un enorme cuore e Pelè continua a parlare con Matteo.
“Sì Matteo, mio piccolo amico, esiste tutto. Io ho visto tutto. E voglio dirti una cosa, se muoiono tutte queste persone per costruire uno stadio, è per forza una cosa brutta? No! E’ una cosa brutta che i tuoi amici non vengano a giocare con te, per andare a seppellire i corpi, non credi?” Matteo ci pensa un po’ su.
“Ma sì, Matteo, quando vedrai Neymar segnare il gol o il tuo giocatore del Qatar preferito fare gol o i rigori e poi la gente che urla e che tifa, in modo sano e non violento… mai la violenza!… e con rispetto per l’avversario gli stringerà la mano anche se perde e poi la squadra più forte del mondo alzerà la coppa del mondo… beh… Matteo, non è questo forse quello che ti fa battere il cuoricino?”, dice con foga Pelè mentre mette una mano sul proprio grande anziano torace e l’altra su quello piccolo ma tenace del bambino.
“Sì, Pelè. E’ veramente un’ingiustizia, noi siamo bambini e dobbiamo giocare e tifare per i campioni, non possiamo perdere le nostre giornate con la morte degli altri o le cose non giuste.”
“Vedi, Matteo, che sei un bambino intelligente?”
Ma Dio ha acceso già tutte le stelle su Qatar 2022. È arrivata la notte del deserto, disturbata solo dalle telecamere intenerite e da un anziano signore molto bravo a giocare a calcio che continua a sussurrare parole abbracciato a un bambino su un campo di quartiere. Il bambino si alza per salutare il suo nuovo amico, mentre Pelè resta disteso.
“Non vai a casa anche tu?” chiede Matteo.
“No, Matteo, io resto qui ancora un poco a giocare”.
“Che invidia. Sei fortunato tu, sei un anziano solo. Io sono un bambino pieno di persone che si curano di me.”
“Sì, Matteo, ma io ci ho messo tutta la vita per diventare quello che sono. Tu hai tutto il tempo!”
Matteo sorride e gli fa vedere ancora una cosa, fruga nei calzoncini e… ecco il biglietto per la finale! “Guarda, Pelè!”. Pelè solleva faticosamente il capo e scruta il misterioso bigliettino in mano al bambino. Si fa serissimo, quasi dolorante. “Mio piccolo amico, ti prometto che sarà il mondiale più corrotto, violento e mostruoso della storia del calcio. E io e te saremo seduti vicini.” Pelè allunga, con imprevista rapidità, le dita verso il biglietto e nascondendo a fatica un orrendo ghigno, riempie le labbra di saliva e sibila: “Sarà la nostra finale, Matteo!”. Mai le telecamere racconteranno quello che avvenne dopo, mai nessuno potrebbe confermarlo o averne le prove. Non certo il Comitato Etico della Fifa, nessuno.
Solo lo Shamal, il vento polveroso, può raccontare quello che vuole, togliere il pallone a Pelè e riportare a letto il nostro piccolo Matteo, al sicuro a casa sua, tra le pareti domestiche ben refrigerate! E rotolandosi nel letto, con dolcezza infinita, se accostaste l’orecchio al suo corpicino, sentireste il suo respiro delicato mentre, pieno di felicità e speranza, sussurra “il mondiale più corrotto, violento e mostruoso della storia del calcio”, prima di addormentarsi sognando… sognando cosa? Ma naturalmente il gol! Buonanotte, Matteo. Buonanotte, Qatar 2022.