Cicinho predica con fare assertorio camminando con lo sguardo perso nel vuoto. Nelle sue orecchie un’orchestra immaginaria di archi celesti accompagna la sua camminata sicura, arrogante: “Guardiamoci in faccia: siamo Iperborei. Siamo ben consapevoli della diversità della nostra esistenza. Abbiamo scoperto la felicità, conosciamo la via, abbiamo trovato l’uscita per interi millenni di labirinto. Chi altri l’ha trovata? Forse l’uomo moderno? “Non so che fare; sono tutto ciò che non sa che fare”, sospira l’uomo moderno… È di questa modernità che c’eravamo ammalati, della putrida quiete, del vile compromesso, di tutta la virtuosa sporcizia del moderno sì e no. Eravamo abbastanza coraggiosi, non risparmiavamo né noi stessi né gli altri: eppure per lungo tempo non abbiamo saputo in che cosa impegnare il nostro coraggio. Eravamo diventati tristi e ci chiamavano fatalisti. La nostra fatalità era la pienezza, la tensione, il ristagno delle nostre forze. Ci fu una tempesta nella nostra atmosfera, la natura che noi siamo s’oscurò, perché non avevamo una via. La formula della nostra felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta…
Cicinho, un sì, un no, una linea retta fino alla meta: il bancone del bar. Ignorato dai più – la musica del locale è fuori sincrono con la sua melodia celestiale – riconosciuto da pochi, ammirato da nessuno, si rivolge alla barista e pronuncia le seguenti parole:
Che cosa è bene? Tutto ciò che accresce il senso di potenza, la volontà di potenza e la potenza stessa dell’uomo.
Che cosa è male? Tutto ciò che deriva dalla debolezza.
Che cosa è la felicità? Sentire che la potenza aumenta, che si vince una resistenza.
Non soddisfazione, ma più potenza; non pace universale, ma guerra; non virtù, ma abilità (virtù nello stile rinascimentale, virtus, libera da convenzioni morali).
I deboli e i malriusciti dovranno perire: primo principio della nostra filantropia. Inoltre li si dovrà aiutare a farlo.
Che cosa è più dannoso di qualsiasi vizio? L’attiva pietà per tutti i deboli e i malriusciti, il cristianesimo…
La barista lo osserva con sguardo stupido. Comprende dai gesti che vuole una birra, ma non capisce se, oltre a servirgliela, debba rispondere qualcosa, o chiamare qualcuno. Il modo i cui Cicinho si muove indica che è ubriaco. Forse, pensa la barista, ha parlato del cristianesimo perché ha visto il piccolo crocifisso che porta al centro della generosa scollatura. Questo pensiero rapido, tra l’imbarazzato e il lusinghiero passando per lo spaventato, viene interrotto dalla voce di Cicinho, che ricomincia.
Che le razze forti dell’Europa settentrionale non abbiano ripudiato il Dio cristiano certo non fa onore alla loro attitudine religiosa, per non parlare del loro gusto. Avrebbero dovuto sentirsi obbligate a farla finita con un prodotto della décadence tanto malato e decrepito. Invece pesa su di loro una maledizione per non essersene disfatti: hanno accolto la malattia, la vecchiaia, la contraddizione in tutti i loro istinti, da allora non hanno più creato alcun Dio! Quasi due millenni e non un solo nuovo Dio!
All’improvviso Cicinho si volta verso la pista da ballo, riconosce uno dei falsi amici con i quali è entrato. Per un attimo il suo sguardo sembra riprendere vigore e le pupille orientarsi verso un obiettivo concreto. Il falso amico sta ballando con una ragazza con la gonna troppo corta, le labbra troppo grosse, il viso troppo truccato. Un eccesso gratuito, pensa Cicinho, che non ha tanto a che fare con le virtù dell’uomo nuovo quanto con il tentativo di restare aggrappati a una vita ammaestrata, priva di volontà di potenza. Il falso amico si volta verso di lui indicandogli un’altra ragazza. Ma Cicinho non ha alcuna intenzione di ballare.
Il cristianesimo, quando lasciò il suo luogo d’origine, le classi più umili, i bassifondi del mondo antico, quando cercò il potere fra popoli barbari, non si trovò davanti uomini stanchi, ma uomini dall’animo selvaggio, che si distruggevano tra di loro, uomini forti eppure malriusciti. L’insoddisfazione di sé, il dolore di sé stessi, non sono, come per i buddhisti, un’eccessiva eccitabilità e la facoltà di soffrire, ma, al contrario, il desiderio predominante di nuocere, di sfogare una tensione interiore attraverso azioni e idee ostili. Per dominare sui barbari il cristianesimo aveva bisogno di valori e di concetti barbari: il sacrificio del primogenito, il bere sangue alla comunione, il disprezzo per lo spirito e la cultura, la tortura in ogni sua forma, fisica e spirituale, una grande pompa nel culto pubblico. Il buddhismo è una religione per uomini più maturi, per razze divenute più benevole e miti. Il cristianesimo invece vuole dominare sulle belve; il suo rimedio è renderle malate, indebolire è la ricetta cristiana per addomesticare, per condurre alla «civiltà». Il buddhismo è una religione per la fine, per la stanchezza della civiltà.
Il falso amico gli chiede cosa intenda dire. Cicinho non risponde e riprende a camminare in linea retta, verso il bancone, con passo perentorio: “nell’intera psicologia del Vangelo è assente il concetto di colpa e di punizione, e allo stesso modo manca quello di ricompensa. Il «peccato», ogni rapporto di distacco tra Dio e l’uomo, viene abolito, è proprio questa la «buona novella». La beatitudine non viene promessa, non è legata ad alcuna condizione: è la sola realtà, il resto è solo un complesso di segni per parlare di essa… Non è la «fede» che distingue il cristiano: il cristiano agisce, distinguendosi per un diverso modo di agire. Non ripaga né con le parole né con il cuore colui che gli arreca del male. Non fa distinzione fra straniero e indigeni, tra ebrei e non ebrei (il «prossimo» è propriamente il compagno di fede, l’ebreo). Non si adira con alcuno, non disprezza alcuno. Non si presenta nei tribunali né si avvale di essi («Non prestare giuramento»). Tutto questo è in fondo un solo principio, tutto è conseguenza di un solo istinto.
Cicinho prende fiato, si volta e vede il falso amico che lo osserva sbigottito, e una ragazza a terra, quella che il falso amico gli aveva indicato. Non ha tempo di chiedersi cosa sia accaduto, non prova alcun interesse per i movimenti che avvengono alle sue spalle né per la musica che ostacola il suo parlare, mentre l’altra musica, gli archi nella sua testa, sembra uno scivolo ghiacciato per le parole. Prende un fazzoletto, tira fuori una matita e prima di scrivere annuncia:”La vita del Redentore non fu altro che questa pratica, anche la sua morte non fu alcunché di diverso… Non aveva più bisogno di formule, né di riti per il suo rapporto con Dio, neppure della preghiera. Egli ha chiuso con tutte le dottrine ebraiche della penitenza e del perdono; sa che solamente con la pratica di vita ci si può sentire «divini», «benedetti», «evangelici», in ogni momento «figli di Dio». Né la «penitenza», né la «preghiera per il perdono» sono le vie verso Dio: solo la pratica evangelica porta a Dio, è proprio Dio! Ciò che venne abolito con il Vangelo fu il giudaismo dei concetti di «peccato», «remissione dei peccati», «fede», «redenzione per mezzo della fede», l’intero insegnamento ecclesiastico ebraico fu negato nella «buona novella». Il profondo istinto di come si debba vivere per sentirsi «in cielo», per sentirsi «eterni», mentre con qualsiasi altra condotta non ci si sente «in cielo»: solo questa è la realtà psicologica della «redenzione». Un nuovo modo di vivere, non una nuova fede…
PREPARAZIONE DELLA CAIPIRINHA – Cocktail brasiliano da preparare direttamente in bicchiere tumbler con mezzo lime tagliato a cubetti. Aggiungere lo zucchero di canna. Con un pestello effettuare dei movimenti rotatori esercitando una pressione leggera. Riempire il bicchiere di ghiaccio e versare la cachaca. Mescolare con uno stir. Per decorare utilizzare delle cannucce.
Cicinho si ferma, e per la prima volta da quando è entrato nel locale un pensiero esterno lo turba. Il prato verde di Trigoria lo riporta per un attimo alla realtà, perde l’equilibrio, cerca un appiglio. La faccia di Ranieri gli appare tra il fumo artificiale della discoteca e le luci rosse. Ha la coda di diavolo. Il falso amico è sopraggiunto e lo aiuta a mantenersi in piedi. La visione di Satana-Ranieri e la quattordicesima caipirinha lo inducono a pensieri più profondi e decisi.
“Soltanto noi, spiriti emancipati, possediamo le basi per comprendere qualcosa che è stato frainteso per diciannove secoli, questa integrità divenuta istinto e passione che fa guerra alla «sacra menzogna» più che a ogni altra… Si era indicibilmente lontani dalla nostra benevola e cauta neutralità, da quella disciplina dello spirito con la quale solamente diventa possibile indovinare cose tanto strane e sottili: in ogni tempo si è voluto con sfacciato egoismo cercare in queste cose soltanto il proprio vantaggio; si è costruita la Chiesa in contraddizione con il Vangelo. Chiunque cercasse la prova di un’ironica divinità all’opera dietro al grande dramma universale troverebbe un non piccolo appiglio nell’enorme punto interrogativo che si chiama cristianesimo. L’umanità si inginocchia davanti all’opposto di ciò che era l’origine, il significato, il diritto del Vangelo; ha santificato nel concetto di «Chiesa» proprio ciò che il «messaggero della buona novella» considerava al di sotto di sé, dietro di sé. Invano si cerca una formula più importante di ironia della storia del mondo.
Reprimendo il conato di vomito che preme sul petto e brucia nell’esofago, Cicinho ricaccia indietro il pensiero della fine. Il pensiero della fine della sua avventura alla Roma. Quando cadrà il Colosseo allora cadrà anche Roma. Quando Roma cadrà, allora cadrà il mondo intero, pens. Un nuovo inizio, senza i falsi amici della grande città, ormai diventata caotica e invivibile, secondo le parole di San Gerolamo. Le donne come Paola da qui si dipartono. Ma Cicinho, esausto e tormentato dal caos nella sua mente, allontana bruscamente i falsi amici e le quattro donne che assistono disgustate alla scena. Recupera le forze necessarie, finisce la caipirinha, prende una birra in bottiglia da asporto, la diciassettesima. Si dirige verso l’uscita con uno sconosciuto e sale su un taxi. L’ultima volta che i fasi amici lo vedono, nel momento dell’uscita, sono le 5 di domenica mattina. Quando è uscito di casa la sera prima, Cicinho sapeva che non sarebbe stato della partita. Alle 7 Cicinho ricompare con la diciottesima birra. Nelle due ore prcedenti ha avuto un incontro personale con Gesù Cristo. Un tale lo riconosce a una fermata dell’autobus a Centocelle. Alle 7.07 Cicinho sale sul bus, senza biglietto, con i vestiti maleodoranti e coperti di bruciature, ma con barba e capelli che sembrano curati pochi minuti prima da un barbiere. Appena l’autista chiude le porte, Cicinho recita di fronte agli astanti, nell’ultima sua apparizione:
“Con ciò arrivo alla conclusione e pronuncio il mio giudizio. Condanno il cristianesimo, sollevo contro la Chiesa cristiana l’accusa più terribile che abbia mai levato un accusatore. A mio parere essa, la più grande corruzione che si possa immaginare, ha avuto la volontà dell’ultima corruzione possibile. La Chiesa cristiana non ha lasciato nulla di intatto nella sua corruzione, ha reso ogni valore un disvalore, ogni verità una menzogna, ogni integrità una bassezza d’animo. E si osi ancora parlarmi dei suoi benefici «umanitari»! Abolire una condizione di miseria era contrario al suo più profondo vantaggio: ha vissuto sulla miseria, ha creato miserie per fare eterna se stessa… Per esempio il germe del peccato: fu soltanto la Chiesa ad arricchire l’umanità di tale misera condizione! L’ «uguaglianza delle anime davanti a Dio»: questa falsità, questo pretesto di rancunes delle persone abiette, questo concetto esplosivo che infine divenne rivoluzione, idea moderna e principio del declino dell’intero ordine sociale, è dinamite cristiana… Benefici «umanitari» del cristianesimo! Coltivare dalla humanitas una contraddizione di sé stessi, un’arte di autolesionismo, una volontà di mentire a qualsiasi costo, un’avversione e un disprezzo per ogni istinto buono e onesto! Eccoli i benefici del cristianesimo! Il parassitismo come unica prassi della Chiesa; con il suo ideale di anemia, di «santità» che succhia tutto il sangue, l’amore e la speranza di vita; l’aldilà come volontà di negare ogni realtà: la croce come distintivo di riconoscimento per la cospirazione più lugubre che sia mai esistita, una cospirazione contro il benessere, la bellezza, la buona costruzione, il valore, lo spirito, la bontà d’animo, contro la vita stessa… Voglio scrivere su tutti i muri questa eterna accusa al cristianesimo, dovunque ve ne siano. Posseggo dei caratteri visibili persino ai ciechi…Proclamo il cristianesimo l’unica grande maledizione, l’unica grande depravazione interiore, l’unico grande istinto di vendetta, per il quale nessun espediente è abbastanza velenoso, lugubre, sotterraneo e meschino; lo dichiaro l’unica macchia immortale del genere umano… Calcoliamo il tempo da quel dies nefastus con cui iniziò questa fatalità, a partire dal primo giorno del cristianesimo! E perché non calcolarlo piuttosto dal suo ultimo giorno? Da oggi? Trasvalutazione di tutti i valori!
Il 18 Luglio 2016, un giornalista falso amico riesce a contattarlo e ad estrapolare le ultime sue parole comprensibili:
LEGGE CONTRO IL CRISTIANESIMO
Data nel dì della salute, nel primo giorno dell’anno uno
(- il 18 Luglio 2016 della falsa cronologia)
Guerra mortale contro il vizio: il vizio è il Cristianesimo