Anche gli angeli giocano a pallone

Anche gli angeli giocano a pallone
9 Marzo 2015 Daniele Tiraferri

Riflessioni teo-calcistiche a cura di Don Felice

Chi è Don Felice?
Vive nella campagna ferrarese e a prima vista sembrerebbe solo un classico parroco di provincia.  Ma Don Felice, da giovane, ha militato nelle giovanili della Spal. Era bravo, poteva fare strada nelle serie minori. A 19 anni l’infortunio grave al ginocchio, l’addio al calcio e la caduta nell’alcolismo. Poi l’incidente, la maledetta nebbia, il tasso di 1,5 nel sangue e t
re giorni in rianimazione. Al suo risveglio la prima persona che vede è Don Franco, dal quale andava a giocare in oratorio da bambino. Gli parla, si confessa, vuole cambiare vita. Entra in seminario e diventa prete. In parrocchia, grazie a Don Felice, il campo da calcio è sempre ben curato. C’è anche una scuola calcio che prende il suo nome: “Oratorio Don Felice”.

Da oggi Don Felice ha deciso di portare Valderrama in nuovi verdi pascoli, dove non esistono fuorigioco, non ci sono porte e l’Arbitro è severo, ma giusto. Chi gioca con il pallone di Don Felice, vivrà in eterno. Ecco a voi, la prima puntata.

Buon giorno e buon terzo lunedì di Quaresma, cari fedeli. Oggi parliamo di bestemmie. “Ho uno zio che fa un po’ il porcellino..”, così si giustificò una volta il portierone della nazionale Gigi Buffon dopo una bestemmia esplosa a seguito di un gol subito. La scusa, purtroppo per lui, non ha retto il vaglio della moviola, e al primo programma sportivo è stato smascherato: il porcellino era diventato un porco e lo zio si è rivelato essere molto più uno zio, addirittura l’Altissimo. Eh sì, cari fedeli, il vostro portierone della nazionale, quello della pubblicità del Canta Tu, l’idolo dei vostri figli è un bestemmiatore seriale. E non è l’unico, altri sono stati annoverati tra i bestemmiatori in campo, su tutti Gattuso, Siligardi, Marcolini, mister Di Carlo e l’ex ct Prandelli, il mister Politically Correct. E pure Kakà, talmente credente da arrivare vergine al matrimonio, qualche volta si è lasciato andare a definizioni blasfeme della Trinità.

sanbuffon

E allora come contrastare questo fenomeno? Con il rosso diretto? Ma poi alla fine quanti ne rimarrebbero in campo? Con la squalifica o con la scomunica? Basta la confessione oppure bisogna anche fare un’offerta alla parrocchia? La triste verità, cari amici, è che lo zio porco, l’orto bio, il porta tua nonna, ecc.. non usciranno mai dal campo se non con l’aiuto di un’esorcista bravo (consiglio padre Amorth). Se poi a questo aggiungiamo i giocatori che entrano in campo seguendo lo schema “sputo, segno della croce, grattata di palle, secondo segno della croce e stecca per caricare la propria squadra”, allora la battaglia è persa.

E consoliamoci, non basterà la confessione a salvare la punta che prima segna dedicando il gol a tutta la volta celeste per poi far tremare tutti i santi se 5 minuti dopo il terzino sbaglia un cross facile. E si dovranno guadagnare il perdono i 5 giocatori dell’Ozolo Maddalene (seconda categoria trentina) che sono riusciti a farsi espellere prima del 70’ a causa del vizietto blasfemo (perdendo a tavolino contro il Vermiglio).

Infine vi lascio con una provocazione: è più grave un John Terry qualsiasi che sbaglia il rigore decisivo nella finale di Champions o il tifoso che, con il cuore colmo di tristezza e le palle fumanti, tira quattro stecche maledicendo dieci generazioni della discendenza del calciatore?

Riflettere, pregare, riflettere. Alla prossima puntata.