Valderrama è cittadino del mondo. Valderrama è Bosman prima della Bosman. Non ha quote stranieri o liste Uefa con posti riservati ai prodotti del vivaio. Non mette barriere tra la curva e il campo e non dà a nessuno diritti di prelazione. Sua patria è il mondo intero, sua terra i campetti di fango o d’erba, cemento o sabbia. Ma se c’è una cosa che Valderrama non sopporta è il parlar male. E quando, di passaggio in Italia, gli capita di ascoltare una telecronaca o leggere un articolo che parla di calcio, a ogni “tiki-taka” o “top player” gli sale il sangue alle tempie. Va bene essere internazionali, passi anche la globalizzazione, ma che è sta porcheria? Il declino del calcio italiano non sarà legato anche a questo servilismo linguistico? Chi parla male pensa male e, forse, gioca male. Valderrama si è concentrato, ha chiesto consigli agli amici di cui si fida e ha cominciato a redigere un glossario del calcio come andrebbe parlato e scritto, prima che giocato. Un primo abbozzo di peccati da evitare e di efficaci alternative: prolegomeni autarchici per ogni futuro giornalista sportivo italiano che vorrà presentarsi con un po’ di amor proprio.
Cantera: uno dei tanti segni del senso di inferiorità nei confronti del Barcellona, come se la cosa fosse un’invenzione dei catalani. Giovanili, primavera o vivaio, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Corner: espressione vezzosa, poco virile, quasi allusiva e oltretutto neanche più sintetica del limpido e glorioso Angolo, o “calcio d’angolo” per chi ha tempo e modo.
Cross: il termine inglese è asciutto e onomatopeico. È però generico, e poi la battaglia per la lingua giusta non è un pranzo di gala, per cui si auspica il ripristino del decaduto ma sempre eccellente Traversone.
Enfant prodige: il tempo dei francesismi è finito da un pezzo e non c’è motivo di dire in due parole quello che si può dire con una, come Promessa o Gioiello (al limite “gioiellino”).
Fair play: concetto orrendo tanto linguisticamente quanto calcisticamente, può essere sostituito dalla più antica e meno ipocrita Correttezza.
Gol: qui la battaglia per l’eradicazione del termine straniero è obiettivamente ostica. La bellezza del suono Rete (o Segnatura) potrebbe non essere sufficiente. Per una volta si può anche cedere, basta che non prenda piede il Goal con la “a” nel mezzo.
Golden goal: non c’è più, è stato abolito, è vissuto il tempo di un sospiro e nessuno ne sentirà la mancanza. Per chi volesse parlare del gol di Trezeguet nella finale di Euro 2000, può semplicemente evitare di evocarlo oppure, in alternativa, non dare troppi dettagli. Per i nostalgici della macabra (ma non priva di fascino) espressione originale, Sudden Death, si suggerisce l’omologo letterale, Morte istantanea.
Hooligans: se si parla nello specifico di quelli inglesi, l’espressione può essere anche tollerabile. In tutti gli altri casi è da preferirle il latinissimo Ultras o il più nazional-popolare Ultrà.
Manita: espressione masturbatoria e spagnoleggiante che ultimamente ha tolto ossigeno agli storici e scintillanti Cinquina e Pokerissimo. Noi preferiamo quest’ultimo nonostante la radice straniera (anzi, proprio perché inghiotte e italianizza un termine straniero), ma attenzione : Quaterna e non Poker, Tripletta e mai Hat-trick, Doppietta e giammai Double (ma questo non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo).
Mister: ormai prerogativa di calciatori che desiderino dar prova di servilismo o velato sarcasmo (“poi il mister farà le sue valutazioni”, “il mister sicuramente sa quello che fa”) è un anglicismo che intenerisce più di Coach e che nessun anglofono usa più (o mai ha usato). Tranquillamente rimpiazzabile coi più classici Allenatore o Tecnico.
Mundial: qua per una volta l’ispanofilia ha radici più antiche, ovviamente legate al ricordo di Spagna ’82. Se, e solo se, ci si riferisce a quella competizione è tollerabile il termine spagnolo, altrimenti sempre e solo Mondiali (o Coppa del mondo).
Out: “out di destra”, “out di sinistra”, talvolta l’inglese offre qualche vantaggio di sintesi, ma tre lettere di differenza non sono un giusto prezzo da pagare per l’orgoglio nazionale, quindi largo a Fascia.
Panzer: retaggio della mai sopita riverenza nei confronti la Germania, è un termine che non vale i suoi mille sinonimi italiani, come Pennellone, colosso, giandone o il più cristallino di tutti, Centrattacco.
Penalty: punitivo e goffo, il termine ha cominciato a circolare più del dovuto, ma per fortuna non ha mai davvero sostituito il severo ma giusto Rigore.
Pressing: va benissimo l’italiano Pressione, il senso è identico e si possono anche ridoppiare i vecchi filmati, tanto è uguale anche il labiale.
Remuntada: vedi supra. Va bene il senso d’inferiorità nei confronti degli spagnoli ma non c’è motivo di rinunciare a Rimonta.
Score : nel parlato magari conserva un minimo di fascino, ma basta leggerlo per avere un’idea di rifiuto, scarto, scorreggia. Vezzo insopportabile degli ultimi anni, sarebbe opportuna una schiacciante affermazione dei più blasonati Risultato o Punteggio.
Tackle: i puristi obietteranno che non è la stessa cosa, ma è difficile immaginare una situazione di gioco in cui non si possano usare, con un po’ di accortezza e discernimento, espressioni come Contrasto o Scivolata.
Tiki-taka: qui la questione non è tanto linguistica (e l’espressione fa accapponare la pelle) quanto ideologica. Si è voluto nascondere dietro un nome pubblicitario un concetto trito e anti-calcistico. Il ripristino del nome italiano è, prima di tutto, un atto di ripristino della verità: Melina.
Top player: Nadir del decadimento linguistico italiano, è una fontana da cui tutti si abbeverano, ma le cui acque rimangono torbide (Si veda, ad esempio, l’espressione: “Probabilmente è un buon giocatore, ma non è certo un top player”). Stringe il cuore constatare che ci sia ancora bisogno di far notare quanto più eleganti e consolidati rimangano vecchi epiteti come Campione, Stella e persino il più ronaldesco Fenomeno.
Torcida: vale il discorso fatto per hooligans. Se si rimane in ambito brasiliano, passi. Altrimenti Tifoseria.
Triplete: vedi alla voce mundial ma con più severità. Ok se si parla dell’Inter 2009-2010 di Mourinho, ma sarebbe meglio di no. In tutti gli altri casi Tripletta.
Turnover: il termine è diventato di moda negli ultimi anni, quando le difese immunitarie agli anglicismi erano saltate, ma a chi dice che non c’è mai stato un equivalente straniero andrebbe risposto che il motivo è che prima non c’erano le sostituzioni e figuriamoci le rose larghe di oggi, altrimenti andrebbe (anzi va) benissimo Rotazione, al singolare o al plurale.
Valderrama rilegge la lista. Appare soddisfatto. C’è ancora molto lavoro da fare, ma è una battaglia che vale la pena combattere.