Ieri
10.06.1990
Firenze, 33.266 spettatori
Cecoslovacchia-USA 5-1
15.06.199o
Firenze, 38.962 spettatori
Cecoslovacchia-Austria 1-0
19.06.1990
Roma, 73.303 spettatori
Italia-Cecoslovacchia 2-0
23.06.1990
Bari, 47.673 spettatori
Cecoslovacchia-Costarica 4-1
01.07.1990
Milano, 73.347 spettatori
Germania-Cecoslovacchia 1-0
Per la Cecoslovacchia fu l’ultimo mondiale. C’erano ancora l’URSS, la Jugoslavia e la Germania Ovest. Fu l’ultima competizione per tutte. Ai successivi Europei del 1992 l’URSS partecipò come CSI, la Jugoslavia si qualificò ma venne esclusa per lo scoppio della guerra, le Germanie disputarono ancora separate le qualificazioni ma giocarono già unite la fase finale. La Cecoslovacchia uscì alle qualificazioni ma giocò ancora unita gli Europei under-21. La corsa dell’ultima Cecoslovacchia all’ultimo mondiale finì invece ai quarti di finale per colpa del rigore di Matthäus.
Furono anni di cambiamento radicale per l’Europa centro-orientale e fu così anche per le grandi squadre di club dell’est. L’impero dello Sparta Praga, che forniva alla nazionale unita un blocco consistente di giocatori, era giunto al canto del cigno. Chi già fiutava l’aria della separazione aveva provato ad andarsene, ma il richiamo di Praga per chi volle insegnare calcio, e di Bratislava per chi desiderava semplicemente tornare alle umili origini il più presto possibile, non tardò a farsi sentire. Prima divisi nello stile calcistico, dopo poco tempo nelle bandiere. Infine, come se non bastasse, anche nella pensione.
Oggi
Allenatori:
Jan Stejskal di parate sosteneva di saperne molto. La Germania, per passare il turno, riuscì a fargli gol solo su rigore. Così quando arrivò in Inghilterra, come uno dei tredici stranieri con cui prese il via la Premier League, non aveva intenzione di imparare alcuna parola d’inglese. Salvo quelle due espressioni fondamentali secondo l’allenatore del QPR Don Howe: “goalkeeper’s ball” e “away!”. L’una per chiamare la palla, l’altra per dire ai centrali di spazzare. Devono essergli rimaste impresse perché dopo tanto studio decise di passare all’insegnamento. Dal 2003 è stato allenatore dei portieri della Repubblica Ceca e dello Sparta Praga. Attualmente insegna però al Jablonec di Hübschman (per anni difensore dello Shaktar), dove rincorre lo Sparta al secondo posto del campionato. Ironia della sorte, nella sua carriera da evangelista della porta è stato alle dipendenze di ben quattro compagni di Italia ’90: Bílek, Hašek, Griga e Chovanec.
Ivan Hašek, giovane padre del più famoso Pavel, è stato colonna portante dello Sparta Praga fino ai mondiali, dove ha giocato interamente da capitano. Uomo tutto d’un pezzo, segnò il terzo gol nel 5-1 agli Stati Uniti. A fine partita si scusò per il punteggio, forse già fiutando la spartizione in due del paese a seguito del crollo sovietico. Dopo che tale divisione venne formalizzata, espatriò infatti in Giappone, al Sanfrecce Hiroshima. Dopo diverse esperienze da allenatore in patria, nel 2009 venne eletto Presidente della Federazione ceca e si autoproclamò selezionatore. Ora esporta calcio nei paesi arabi. La sua ultima meta sono gli Emirati Arabi Uniti dove allena l’ex Rangers Bougherra e l’ex Marsiglia Ziani.
Jàn Kocian, difensore la cui vetta è stata giocare nei ribelli di tedeschi del St. Pauli, al tempo dei fratelli di Valderrama, quando la seconda squadra di Amburgo aveva consolidato il proprio mito giocando tre stagioni consecutive in Bundesliga. Ai Mondiali saltò solamente la partita del girone persa con l’Italia. Ritiratosi nel ’93 dal calcio giocato, cominciò subito come assistente allenatore della neonata Slovacchia, che guidò tra il 2006 e il 2008, anni spartiacque della sua carriera. Prima tanta gavetta e poi un esilio dorato in Cina. Infine, un ritorno di basso profilo in Polonia, dove attualmente dirige la poco sfarzosa compagine degli “scaricatori di porto” di Stettino.
František Straka, anche lui colonna del grande Sparta Praga che dominava la Cecoslovacchia nella seconda metà degli anni ’80, saltò le prime partite con Austria e Italia. Nel ’90 giocava già da un paio d’anni in Germania, dove si fermò fino al ritiro nel 1998. Da allora, anche lui si è lanciato nella carriera dell’insegnamento: ha cambiato una squadra ogni anno, allenando in lungo e in largo per tutta la ex Cecoslovacchia. Si segnala una parentesi nel 2010-2011 al North Queensland Fury, club fondato nel 2008 a Townsville a 1300 kilometri a nord di Brisbane in Australia. Concluse la stagione all’ultimo posto della A-League, vincendo solo quattro partite su trenta e con una delle peggiori medie di affluenza allo stadio. Il suo primo trofeo è arrivato nel 2014 con la vittoria della Supercoppa Slovacca alla guida del glorioso Slovan Bratislava.
Michal Bílek, anche lui pilastro dello Sparta Praga, fu un punto fermo al mondiale e fu sostituito solo al settantesimo della sfida persa con la Germania. Dopo il mondiale si concedette una parentesi spagnola al Real Betis prima di fare definitivamente ritorno a casa. Ritiratosi nell’anno del Giubileo dopo l’ultima stagione disputata al Teplice, già l’anno dopo divenne il nuovo allenatore della squadra. Le sue esperienze più importanti come allenatore furono tra il 2006 e il 2008 allo Sparta Praga, sulla panchina della Repubblica Ceca dal 2009 al 2013 e alla guida della Dinamo Tbilisi l’anno successivo, con la quale disputò solamente due partite. Attualmente è in cerca di lavoro, ma negli ultimi giorni sui giornali cechi si è parlato molto dei suoi saggi tweet impregnati di consigli tattici difensivi. C’è chi dice, però, che l’account sia falso. Altri sostengono sia solo un modo per far vedere di essere ancora vivo.
Josef Chovanec è l’attuale allenatore dello Slovan Bratislava, dove ha sostituito il suo ex compagno Straka. E’ incredibile come il reparto difensivo della Cecoslovacchia 1990 continui a scambiarsi le stesse panchine ormai da anni: Repubblica Ceca, Sparta Praga, Slovan Bratislava. Deve esserci un tacito accordo, una sorta di società segreta fondata dai reduci di quelle notti magiche. Inutile dire che tutte queste squadre dal passato glorioso, con l’avvento del nuovo millennio e dei fratelli di Valderrama sulle loro panchine, non hanno avuto più alcun rilievo in ambito europeo. Eppure anche Chovanec fu punto cardine di quella nazionale e di quello Sparta, anche se nel 1990 giocava nel PSV Eindhoven.
Luboš Kubík a quella società segreta non ha voluto partecipare. Forse non gli interessava continuare a gestire la Repubblica Ceca e la Slovacchia allo stesso modo in cui era gestita la Cecoslovacchia. Non è nemmeno figlio dello Sparta, bensì dei rivali storici dello Slavia Praga. Ai tifosi dello Sparta i rivali cittadini proprio non vanno giù, e nonostante si chiamino slavi li accusano da sempre di “essere ebrei”. In realtà lo Slavia non fu fondato da ebrei né vi ebbe mai in qualche modo a che fare, se non quando i nazisti durante l’occupazione chiusero il club di Josef Bican, il miglior marcatore della storia, come fecero con il DFC Praga, squadra fondata invece da ebrei tedeschi. L’accusa di “essere ebrei” giungeva comunque sempre dai tifosi dello Sparta, che li chiamarono così dopo un’amichevole disputata nel 1922 con il West Ham, dalla quale la società prese anche i soldi dell’assicurazione per un annullamento in caso di maltempo il giorno precedente. Impossibile che a Kubik sia stato rinfacciato tutto questo, lui che si è sempre sentito cittadino del mondo: giocò nella Fiorentina, poi in Francia e Germania e chiuse la carriera negli Stati Uniti. Da allenatore si dilettò con lo Slask Breslavia in Polonia e il Torquay nelle serie minori inglesi. In Repubblica Ceca gestì solo una piccola squadra nel 2007. Nel 2010 fu l’unico ceco ai mondiali, come assistente di Bob Bradley alla guida degli Stati Uniti. Infine, fino al 2013 è stato capo scout per lo Slavia Praga, finalmente a casa. Da allora si sono perse le tracce: che stia preparando anche lui una sortita ai Sanfrecce Hiroshima?
Ľubomír Moravčík viene da Nitra, la stessa cittadina di uno degli attuali calciatori slovacchi più talentuosi, Miroslav Stoch. Dopo essere cresciuto nella squadra locale, dai mondiali in poi ha passato l’età della maturità nel Saint-Etienne, non più quello delle campagne europee, neppure quella società in cui nacque Platini. La vecchiaia al Celtic, il ritorno in patria e poi, figurarsi, il tuffo nella carriera da allenatore conclusasi malamente con i soli 4 mesi allo Zlate Moravce, giovane società fondata nel 1995 sulle rive dello Zitava, affluente del Nitra, cui tutto prima o poi sembra fare ritorno. Ora è lì, all’incrocio tra i due fiumi, da solo, a godersi i complimenti di Nedved per una partita di tanti anni fa. Ma in cuor suo sa di non essere stato dimenticato: in una recente intervista per il sito del Saint-Etienne ha dichiarato di rivedersi in Iniesta. Chissà se anche lui un giorno siederà sulla sponda del fiume.
Peter Fieber ha allenato a lungo, ma la sua esperienza più importante è stata all’Inter Bratislava, seconda squadra della capitale vittima di un inarrestabile declino. Dopo il 2010 si sono perse le sue tracce. Ora naviga nell’oblio del fumoso mistero che ha avvolto il presente della mitteleuropa al tempo delle facoltà di finanza e marketing.
Vladimír Weiss è uno dei pochi che come allenatore ha ottenuto più successo che come giocatore. Il suo apice è l’aver eliminato l’Italia Campione del Mondo ai mondiali del 2010. Successivamente ha scelto mete molto esotiche. E’ tuttora allenatore dell’FC Kairat, società calcistica di Alma-Ata, suggestiva città incrocio di culture al confine meridionale tra Kazakistan e Kirghizistan dal lato della Cina. Quest’anno è stato finalista nella supercoppa kazaka ed è stato eliminato al secondo turno di qualificazione all’Europa League per mano dei danesi dell’Esbjerg.
Stanislav Griga ha fatto perdere le tracce di sé dopo la breve esperienza sulla panchina della Slovacchia in coabitazione con Michal Hipp.
Viliam Hýravý è attualmente assistente allenatore al MFK Ružomberok.
Ivo Knoflíček è assistente allenatore allo Slavia Praga.
Luděk “Ludo” Mikloško è tornato al West Ham come allenatore dei portieri, dove aveva giocato per gran parte della sua carriera diventando un’idolo dei tifosi. Nel 2010 ha però lasciato l’incarico.
Peter Palúch, terzo portiere nella campagna italiana, si è ritirato dal calcio solo pochi anni fa ed ha immediatamente preso il ruolo di allenatore dei portieri nella piccola squadra del Parndorf in Austria.
Agenti di calciatori:
Jùlius Bielik voleva essere un filosofo. Nato in una cittadina della Moravia meridionale in cui si parla tedesco, è un ex terzino che ama ripetere spesso che la sua bassa statura non era un problema, visto che oggi Dani Alves, Jordi Alba e Rafinha sono alti più o meno quanto lui. Ma sente di poter ricoprire nel mondo del calcio qualsiasi ruolo. Sente di potersi fare ambasciatore. Arrivò ai Mondiali italiani dopo aver già vinto tutto in patria con lo Sparta, ma al ritorno a casa, forse timoroso della secessione slovacca, forse per amor dell’est, tentò l’avventura giapponese nei Sanfrecce Hiroshima. Dopo aver concluso la carriera in squadre minori in patria, provò a crearsi dei discepoli come allenatore, con un anno buono al Jablonec. Allora fece quello che fanno i filosofi quando non riescono a farsi capire: smise di insegnare e si diede all’economia politica, diventando agente FIFA. I suoi metodi da agente non sono del tutto limpidi, si dice.
Miroslav Kadlec fu sempre titolare ai mondiali nel ’90. Ma le sue più grandi soddisfazioni riguardano un’altra nazionale: quella Repubblica Ceca che trascinò in finale agli Europei del’96. L’altro suo vanto è l’ormai trentenne figlio Michal Kadlec, terzino sinistro del Fenerbaçhe in scadenza nel 2016. A curare il suo rinnovo sarà la società ceca Sport Invest, nella quale l’ormai ultracinquantenne Miroslav lavora ora come agente. Dietro una scrivania, ricorda con un sentimento misto di orgoglio e malinconia la vittoria della Bundesliga del 1998 in cui il Kaiserslautern, la sua squadra storica, fu in grado di battere tutte le rivali arrivando come neo-promossa dalla seconda serie.
Gestori o avventori di locali:
Tomas Skuhravy è stato per anni l’eroe del Genoa. Inizialmente a lui, di allenare, non è mai passato per la testa. Genova in compenso gli è piaciuta molto ed è rimasto a viverci, diventando il proprietario di un night club. Ma questa, per la verità, è solo una voce. Una delle tante che sono sempre girate sul suo conto. Di certo, dicono i suoi ex tifosi, per qualche anno ha gestito un ristorante a Pegli, ma pare non lo gestisca più. Si dice che in quegli anni fosse possibile trovarlo in quella zona riverso sul bancone di qualche bar, sempre disponibilissimo, una volta ridestato, a scattare una foto con i tifosi. Da un paio d’anni collabora con le giovanili del Genoa: adrenalina pura per i ragazzi del 2000 trovarselo sul campo di allenamento. I loro nonni gli avranno certamente parlato delle gesta del gigante boemo.
Saggi, filosofi e commentatori:
Milan Luhový è un critico di calcio abbastanza odiato in patria che ha aperto un sito personale (www.mluhovy.com) che mira a diventare il più importante portale nazionale di calcio.
Affaristi:
Václav Němeček possiede il 70% di una società che gestisce un complesso sciistico vicino Liberec. La struttura è però sotto osservazione per l’impiego poco limpido dei fondi europei ricevuti.
Spariti:
Jiří Němec è stato allo Sparta Praga solo di sfuggita, preferendo la più moderna Germania per una carriera solida che prevedesse degli ammortizzatori sociali. Negli anni ’90 non c’era allora luogo migliore per giocare a calcio di Gelsenkirchen, nella regione metropolitana della Ruhr dove carbone e acciaio hanno fatto la storia. Dopo una breve ritorno allo Sparta e la parentesi finale al Viktoria Žižkov, di lui tutto andò perduto.
Vladimír Kinier: presente sconosciuto.
RIEPILOGO
Allenatori di club |
|
Stejskal, Hašek, Kocian, Straka, Chovanec, Weiss, Hýravý, Knoflíček, Palúch |
Commentatori |
Luhový |
|
Allenatori senza panchina |
Bílek, Kubik, Moravčík, Fieber, Griga, Mikloško |
|
Affaristi |
Skuhravy, Němeček |
|
Agenti FIFA |
Bielik, Kadlec |
|
Fuori dal calcio/spariti |
Němec, Kinier |