“Telefonerò a John Terry e gli chiederò un consiglio”: con questa battuta Avram Grant, commissario tecnico del Ghana, aveva risposto alla domanda provocatoria di un giornalista alla vigilia della finale di Coppa d’Africa contro la Costa d’Avorio, disputata lo scorso 8 febbraio a Bata, in Guinea Equatoriale. La domanda era la più ovvia che gli si potesse rivolgere, e riguardava la possibilità che la partita contro gli Elefanti ivoriani si decidesse ai calci di rigore. Per chi non lo sapesse, Grant sedeva sulla panchina del Chelsea quel maledetto (per lui) 22 maggio 2008, giorno in cui i londinesi persero la finale di Champions League contro il Manchester United ai rigori e nel modo più doloroso che si possa immaginare. Ovvero con il capitano John Terry che sbaglia il tiro dal dischetto, che avrebbe regalato la coppa ai suoi, scivolando goffamente sotto la pioggia battente di Mosca, prima dell’errore di Nicolas Anelka e dei sentiti ringraziamenti da parte di Sir Alex Ferguson.
Quasi sette anni dopo, in una sala stampa guineana, Grant aveva dato sfoggio di autoironia, probabilmente perché non pensava di perdere ai rigori anche la finale contro la Costa d’Avorio. Eppure è proprio così che sono andate le cose. Beffa nella beffa: anche l’ultima volta che Ghana e Costa d’Avorio si erano incontrate in finale di Coppa d’Africa (correva l’anno 1992) gli ivoriani avevano vinto grazie ai calci di rigore.
Nella lunghissima carriera da allenatore del 60enne Grant i successi sono molti, ma ancora di più sono i trionfi mancati di un soffio, tanto da fargli piombare addosso la pesante etichetta di eterno secondo. Nel suo paese d’origine, Israele, Grant è considerato una delle figure calcistiche più importanti di sempre, e tale fama è innegabilmente supportata dai numeri.
Grant, nato nel 1955 da madre irachena e padre polacco (la cui famiglia venne praticamente sterminata nei campi di lavoro della Kolyma), inizia ad allenare ad appena 17 anni nel settore giovanile dell’Hapoel Petah Tikva, squadra israeliana della sua città natale. Nel 1986, visti gli ottimi risultati conseguiti con i ragazzi, arriva la grande opportunità: la panchina della prima squadra, che Grant porta a lottare stabilmente per le posizioni di vertice e con cui vince due Toto Cup (una delle due Coppe nazionali). Tuttavia la sua esperienza alla guida dell’Hapoel Petah Tikva sarà ricordata soprattutto per l’incredibile epilogo della stagione 1990/91, quando in soli tre giorni la squadra di Grant viene sconfitta dal Maccabi Haifa sia in campionato che nella finale di Coppa d’Israele, concludendo così al secondo posto entrambe le competizioni. Il riscatto, comunque, non tarda ad arrivare: tra il 1991 e il 2002 – alla guida di Maccabi Tel Aviv, Hapoel Haifa e Maccabi Haifa – Grant vince quattro campionati nazionali, una Coppa d’Israele e altre due Toto Cup. Nel 2002 viene nominato commissario tecnico della Nazionale israeliana, con la quale non riesce a qualificarsi né per gli Europei del 2004, né per i Mondiali del 2006.
A ben vedere le grandi capacità di Avram Grant non si manifestano soltanto in panchina. Nel corso degli anni, infatti, il tecnico israeliano riesce a trarre notevole vantaggio dalla straordinaria abilità relazionale e dalle proprie innate doti di persuasore, che gli consentono di entrare in contatto con importanti uomini d’affari e personalità del mondo del calcio israeliano ed europeo. Nel 1996, grazie agli stretti rapporti con il facoltoso presidente del Maccabi Tel Aviv Loni Herzikowitz, Grant riesce a farsi riassumere come allenatore del club facendo licenziare il collega Dror Kashtan, benché quest’ultimo avesse appena portato la squadra a vincere campionato e coppa nazionale. La popolarità di Avram Grant in patria è dovuta anche al matrimonio con Tzofit Grant, esuberante showgirl molto nota in Israele per aver bevuto un bicchiere della propria urina e per essersi fatta un bagno in una vasca piena di spaghetti e vino rosso in diretta tv.
Dopo essersi affermato in Israele (dentro e fuori il rettangolo di gioco), Grant si sente pronto per il grande salto nel calcio europeo. Negli anni trascorsi sulla panchina della nazionale israeliana era venuto in contatto col presidente del Chelsea Roman Abramovič (riuscendo, manco a dirlo, ad entrare immediatamente nelle sue grazie) tramite Pini Zahavi, un agente di calciatori israeliano assai influente e strettamente legato allo stesso Abramovič. Si narra addirittura che, al termine di un incontro avvenuto nel 2005, un affascinato Abramovič abbia detto a Grant: «Mister, mi dica quale squadra vuole allenare e io la accontenterò».
Non sappiamo se Abramovič abbia davvero pronunciato quelle parole, ma la successiva evoluzione della vicenda lascia spazio a ben pochi dubbi: nell’estate del 2006 per Grant si aprono infatti le porte del calcio inglese. Il tecnico israeliano inizia una seconda vita calcistica come direttore tecnico del Portsmouth, incarico ricevuto da Alexandre Gaydamak, imprenditore franco-israeliano molto vicino a Roman Abramovič (e diventato da pochi mesi proprietario del club, guarda caso tramite l’intercessione di Pini Zahavi). Il mosaico si completa appena dodici mesi più tardi, nell’estate del 2007, quando Grant diventa direttore sportivo del Chelsea. A tal proposito non è difficile immaginare il fastidio provato dall’allora manager della squadra Josè Mourinho, che anche a causa dei contrasti con Abramovič lascia l’incarico poche settimane dopo. Il passo seguente, a questo punto, è scontato: Avram Grant viene nominato allenatore del Chelsea. In Inghilterra le reazioni sono più che altro sarcastiche. Qualcuno si limita a sottolineare il passaggio di consegne tra lo Special One e l’Unknown One (sconosciuto), mentre altri, come Pat Nevin (ex centrocampista del Chelsea negli anni ottanta), si spingono oltre: “Grant sarà il benvenuto nello spogliatoio del Chelsea come Camilla al funerale di Diana”. Niente male come accoglienza. In ogni caso la tela lungamente intessuta da Grant è ormai completata. Seppur nello scetticismo generale, l’allenatore israeliano raggiunge il suo obiettivo: la panchina di un grande club europeo.
Superato l’iniziale trauma dell’addio di Mourinho, sotto la guida di Grant la squadra si mantiene su alti livelli. Nel febbraio del 2008 il Chelsea arriva a giocarsi la finale di Coppa di Lega a Wembley contro il Tottenham. Didier Drogba porta in vantaggio i Blues, che vengono poi raggiunti da un rigore trasformato da Dimitar Berbatov. Ai supplementari arriva la rete che fissa il risultato sul 2-1 in favore del Tottenham, grazie al difensore Jonathan Woodgate. La delusione per la sconfitta è forte ma, poche settimane dopo, Avram Grant riesce nell’impresa di raggiungere la finale di Champions League (obiettivo mai conseguito sotto la gestione Mourinho). Lo Sconosciuto riesce dove lo Speciale aveva sempre fallito. Ma la finale, come detto in precedenza, la perde in malo modo.
Secondo in Champions e secondo in League Cup, il Chelsea di Grant termina la stagione al secondo posto anche in Premier League (dietro al Manchester United). Il tecnico si ferma a un passo dalla consacrazione nel grande calcio e a un passo dallo zittire tutti coloro che non avevano creduto in lui. Nel calcio e nello sport in generale, si sa, i secondi posti contano poco, e così Abramovič decide di affidare il Chelsea al brasiliano Luis Felipe Scolari.
La storia di Avram Grant in Inghilterra, però, non finisce qui: nell’ottobre 2009 ritorna al Portsmouth come direttore sportivo e, appena un mese più tardi, diviene allenatore del club dopo l’esonero di Paul Hart. La stagione del Portsmouth è travagliata anche a causa dei gravi problemi economici della società (e la squadra chiuderà la Premier in ultima posizione), ma Grant realizza un mezzo miracolo portando i pompeys in finale di FA Cup. Avversario, manco a dirlo, il Chelsea. La partita è dominata sin dai primissimi minuti di gioco dai blues, che però non riescono a sbloccare il risultato. A inizio ripresa il Portsmouth ha la grande occasione per passare in vantaggio, ma Kevin-Prince Boateng si fa respingere un calcio di rigore da Peter Cech. Come nella finale di Champions di Mosca (e come nella finale di Coppa d’Africa di molti anni dopo), i tiri dal dischetto non portano bene a Grant. L’immancabile sigillo di Didier Drogba consegna la Coppa al Chelsea e al suo allenatore, Carlo Ancelotti. Avram Grant, ancora una volta, è secondo.
Nella stagione 2010/11 Grant siede sulla panchina del West Ham, che concluderà il campionato all’ultimo posto. Nel corso della gara persa per 3-2 in casa del Wigan, che sancì la matematica retrocessione del West Ham, un aereo sorvola lo stadio mostrando uno striscione recante la scritta “Avram Grant: Milwall Legend”, sarcastica presa in giro da parte degli acerrimi rivali degli hammers londinesi. Dopo altre due retrocessioni consecutive, Grant abbandona la Premier League e comincia la sua terza vita calcistica. Dal gennaio al maggio del 2012 allena i serbi del Partizan Belgrado, conducendo la squadra alla vittoria del campionato. Nel settembre 2014 inizia una nuova avventura come direttore tecnico della squadra thailandese del Bec-Tero Sasana (ruolo già ricoperto nel 2012 da Sven Goran Eriksson). Due mesi più tardi, però, arriva la chiamata da parte della Federazione ghanese, che gli affida la guida tecnica delle Black Stars. La sconfitta ai rigori nella finale di Coppa d’Africa contro la Costa d’Avorio è cronaca di poche settimane fa. Grant è secondo anche stavolta. Sconfitto ai rigori, anche stavolta. A un passo dalla grande impresa. Anche stavolta.
Non conosciamo ancora il prossimo capitolo della parabola calcistica di Avram Grant, che ha comunque dichiarato di voler vincere la Coppa d’Africa 2017 col Ghana. Personalità certamente intrigante ma controversa ed enigmatica, Grant resta per ora un grande incompiuto, un allenatore abile ma ancora a caccia di quella consacrazione internazionale troppe volte sfuggitagli di un nulla, magari per colpa di un tiro dal dischetto. Per questo motivo fa sorridere scoprire che in Israele, dove Grant ha raccolto tutti i suoi successi da allenatore (fatta eccezione per lo scudetto in Serbia), hanno persino coniato un’espressione specifica in suo “onore”: hatachat shel Avram. Traduzione dall’ebraico? Sostanzialmente questa: la fortuna di Avram o, volendo essere più letterali, il culo di Avram. Già, perché in Israele Avram Grant è considerato un allenatore vincente e molto capace, ma soprattutto scaltro e fortunato. Comunque sia, d’ora in avanti sarà meglio evitare le domande sui calci di rigore.