La breve rivoluzione diagonale

La breve rivoluzione diagonale
24 Luglio 2015 diego cavallotti

In Italia, verso la metà degli anni Ottanta del XX secolo, iniziò a essere popolare, in ambito giornalistico, dare al fuorigioco un’accezione di tipo militare. L’off-side, che in lingua inglese ha di per sé già una derivazione militare (off the strenght of his side ovvero al di fuori della forza del proprio schieramento), si meritò in quegli anni l’attributo di arma. Ovviamente il passaggio dalla marcatura a uomo alla marcatura a zona contribuì notevolmente a trasformare in un’arma quella che resta tutt’oggi l’infrazione più controversa da individuare per gli arbitri. Il giornalismo televisivo, si sa, è una forma di retorica nazional-popolare che sente molto il peso degli avvenimenti e non è da escludere che a quella tendenza militaristica abbia contribuito la massiccia medializzazione dei conflitti militari in Medio Oriente come la guerra in Iraq, con quelle facce del pilota Bellini e del navigatore Cocciolone che rimbalzavano indistintamente dalla Domenica In alla Domenica Sportiva. Il parallelo militare tra i due schieramenti resta al vaglio di molti dubbi, tra cui quelli dall’etologo Desmond Morris, che nel suo libro “Tribù del Calcio” sfata il mito della partita di calcio come strategia predatoria, portando a riprova di ciò il fatto che le partite di calcio restano in fin dei conti degli eventi normati e mai degli scontri totali. In ogni caso, presa per buona la definizione di “arma del fuorigioco”, quello che ci interessa è l’analisi di uno degli effetti collaterali più comuni nell’uso di questo strumento di difesa, ovvero la non realizzazione della messa in fuorigioco e la conseguente e necessaria, riorganizzazione difensiva. È in quel preciso momento che nasce una delle fasi più solidali del gioco del calcio, è in quel momento che si rende necessario un movimento diagonale per recuperare un’adeguata linea difensiva. È il momento della diagonale difensiva.

Anche la diagonale difensiva si afferma in qualità di contromossa solidale (come il fuorigioco considerato in qualità di arma) con il passaggio dalla marcatura a uomo alla zona. Tatticamente è un movimento in copertura diagonale che un difensore, o un giocatore in fase difensiva, effettua per riempire uno spazio lasciato vuoto da un altro calciatore. Storicamente la diagonale difensiva nasce come movimento nello spazio ed è una delle conseguenze della dinamizzazione della difesa (si parla, infatti, di fase difensiva e non più di difesa). Lo stesso termine “difensore” ha mutato la propria accezione storica. Nell’epoca delle numerazioni fisse, nella determinazione numerica dei ruoli i terzini – il 2 e il 3 per intenderci – avevano compiti di marcatura e seguivano l’uomo di competenza in ogni zona del campo. Il nome deriva dal modulo tattico a struttura piramidale (piramide rovesciata) che prevedeva una terza linea – l’ultima linea – di difesa in cui i due terzini (quelli della terza linea) erano gli ultimi uomini a difendere la porta. Le evoluzioni tattiche hanno generato una serie di stravolgimenti creando nuovi moduli e imponendo costantemente la necessità di nuovi movimenti.

diagonaleeee

Il calcio è fondamentalmente un gioco libero e, pur volendo, non potremmo applicarvi, così come David Foster Wallace ha fatto con il tennis, dei principi trigonometrici, ma certo il movimento di uomini nello spazio crea delle geometrie e una di queste è la linea diagonale. In Italia negli anni Ottanta e Novanta un fervente laboratorio tattico ha portato con sé la trasformazione della proverbiale padronanza difensiva delle squadre italiane – spesso confusa con la volontà tattica di formare muri difensivi – verso nuove fasi di difesa. Il preconcetto di difensivismo verso le squadre italiane, spesso definito catenacciaro – epiteto attribuito dagli spagnoli e dagli inglesi alle squadre della Serie A – ha la stessa rilevanza degli stereotipi nazionali. E così negli anni Novanta le squadre di Sacchi, Capello e Lippi non erano mafiose così come quelle spagnole non erano siestaiole, né quelle tedesche naziste. Ecco allora che i terzini italiani diventano interpreti magistrali della modernista rivoluzione diagonale e si affacciano sulla scena internazionale come padri della mutualità difensiva. Questi terzini portano con loro l’assimilazione di movimenti difensivi complessi – la diagonale appunto – associando a tali pratiche nuove applicazioni.

Difensori come Tassotti e Maldini interpretano velocemente il meccanismo dell’arma del fuorigioco, magistralmente innescata da Franco Baresi, e sono in grado di passare autonomamente dalla difesa in linea perfetta a delle coperture diagonali millimetriche. Maldini sarà forse il migliore protagonista di questa utopica fase rivoluzionaria, combinando in unico calciatore doti di incursore e chiusure in diagonale. Una linea difensiva, quella delle squadre italiane degli anni Ottanta e Novanta, non del tutto allineata, con i due terzini posti leggermente più avanti e in grado di abbassarsi rapidamente e soprattutto abili nel comprendere le metamorfosi delle fasi di gioco. Una fase di difesa senziente in cui il rinnovamento di alcune concezioni intellettuali si basa su una rifondazione di vecchie strutture di gioco. La diagonale difensiva, infatti, pone le sue fondamenta sulla partecipazione attiva degli uomini all’intera fase. L’azione del difendere non va esercitata, ma interpretata come un pensiero critico.

Questa interpretazione cosciente però subisce un veloce declino. La scomparsa di terzini capaci di difendere, sostituiti da calciatori di fascia veloci e tatticamente votati all’attacco, provoca un collasso del sistema organico costituitosi. I principi tattici della diagonale sopravvivono come lezione teorica, ma sempre più spesso nel calcio moderno, quando la palla è scoperta e non si fa il fuorigioco, i difensori sembrano non avere la lucidità di abbandonare l’allineamento difensivo. Succede spesso che gli attaccanti – o uno dei calciatori che partecipa alla fase offensiva – possa tranquillamente inserirsi nel mezzo della linea di difesa per sfruttare il lancio di un regista arretrato e trovarsi così solo davanti al portiere. Per intenderci, questo è uno dei bug di gioco che più spesso la coppia Pirlo-Lichtsteiner ha sfruttato negli ultimi anni della Juventus. Una fase in cui il regista basso lancia precisamente in area e un cursore di fascia (ciao terzino) si inserisce alle spalle delle linea dei difensori avversari per colpire a rete. Questa fase di gioco è sempre più presente nelle partite internazionali e spesso si vedono difensori schierati in linea come sul patibolo, in attesa di essere impallinati. Un errore che è il sintomo più evidente della mancata esecuzione di una contromisura difensiva solidale. Lo specchio di un lento declino difensivo che possiamo solamente osservare ammirati nei mercoledì delle gare di Champions piene di goal, ma certamente povere di quelli che furono i pensieri della rivoluzione diagonale.