In principio era il Verbo, diffuso prima dalle radio valvolari troneggianti nei caffè e nelle case di chi poteva permettersene una, riverberato in seguito dalle più popolane radioline tascabili che accompagnavano con il loro instancabile brusio le uscite domenicali degli italiani. E prima del principio, ad ere geologiche di distanza dalla bulimia da immagini TV sature di moviole iperrealiste, di inquietudini in super slow-motion, di vertigini da spider cam, di autopsie del dubbio condotte dal bisturi elettronico della goal line technology, un ben più raffinato artificio alimentava l’immaginario nostrano di generazioni di devoti del pallone: le “disegnate” di Carmelo Silva.
Queste tavole, che hanno abbellito a partire dagli anni ’40 e per diversi decenni a seguire pubblicazioni quali “Il Calcio Illustrato”, il quotidiano milanese “La Notte” e lo storico ”Almanacco illustrato del Calcio” della Panini, riproducevano in maniera pittorica le dinamiche dei gol più importanti e delle azioni salienti del campionato italiano. Venivano riproposte ai lettori come corollario visivo della loro immaginazione al lavoro durante l’ascolto di una radiocronaca, come trasfigurazione artistica delle prodezze a cui avevano assistito allo stadio il giorno precedente o di quelle che per qualche motivo si erano persi. Giacinto Facchetti, nato a Treviglio come Silva, introduce così il “Manuale del Gol”, edito da Mondadori nel 1974 e impreziosito dalla ricca “Galleria di gol d’autore” allestita per l’occasione con splendide tavole a colori dal suo concittadino: “Il gol è un gesto di rabbia che soddisfa l’atleta in quanto scatena la gioia di chi guarda e soffre nella lunga attesa della sua stoccata fatale. Ogni schema di Carmelo Silva ferma l’evento nel suo preciso scoccare, per la gioia degli occhi”.
In molte delle sue “disegnate” Silva mutua dalla sua attività parallela di vignettista umoristico alcuni segni che appartengono per natura alla dimensione del fumetto, conferendo ulteriore espressività e dinamismo persino nei calci da fermo ai protagonisti delle azioni, ritratti in maniera metafisica senza mai definirne i connotati del volto. Corpi stilizzati nel momento del tiro, in corsa, in torsione, in tuffo, in caduta, in movimento o semplicemente statici nell’estasi della beffa. E’ il caso del portiere del Liverpool uccellato dalla punizione a “foglia morta” di Mario Corso. Il suo smarrimento e la sua sorpresa mentre osserva inerme la parabola infida del pallone mentre si infila in rete alle sue spalle sono ben evidenziati dai tratti marcati che si irradiano dalla sua testa.
Analoga sorte tocca al suo collega Albertosi, tradito contro la Juventus dal fuoco amico di Comunardo Niccolai nell’archetipo stesso dell’autorete di testa. Qui l’espressione del portiere del Cagliari scudettato è resa ancora più colorita da una spirale che sa di invettiva interiore e di muta bestemmia contro la dabbenaggine del suo difensore. Spesso Silva riesce abilmente a sintetizzare in un unica tavola azioni articolate in più punti, mostrandocene come nel più collaudato schema narrativo l’esordio, la Spannung e lo scioglimento finale che si incarna nel drammatico lieto fine del gol.
Emblematica in questo senso è la “disegnata” della rete di Meazza in nazionale contro l’Austria, nella quale si vede in sequenza il Balilla del Gol ricevere la palla a centrocampo (A), involarsi verso l’area facendo scontrare tra loro con una finta portiere e difensore avversari, che nell’urto generano stelle di dolore anch’esse figlie del fumetto (B), avviarsi indisturbato verso la porta per poi concedersi lo sfizio di entrare in rete col pallone (C).
Non meno spettacolare le rete di Boniperti contro il Bologna, qui in sequenza numericamente tripartita. Alla tipica traiettoria del pallone fatta di punti, linee e frecce direzionali, Silva affianca in parallelo i segni del movimento curvilineo dell’attaccante che dribbla elegantemente un avversario lanciando la palla a destra e superandolo a sinistra, salta il portiere e da posizione defilata insacca con un preciso pallonetto. Come accaduto a Meazza, i contorni di Boniperti, nelle prime due stazioni del suo gol, letteralmente si smaterializzano, rendendolo inafferrabile come un fantasma per la difesa bolognese fino all’istante della sua cinetica reincarnazione, nell’attimo fatale della conclusione a rete che lo consegna all’unica immortalità possibile per un giocatore: quella sancita dal tabellino dei marcatori.
Smaterializzato nell’istante stesso in cui viene trafitto dalla bordata terrificante su punizione a 130 km orari di Gigi Riva, è persino il portiere del Milan. Incoronato da una spirale fumantina, riprende tardivamente vita per calciare via con stizza il pallone mentre i sardi ormai già gli festeggiano in faccia.
Non mancano gol storici e clamorosi per la loro dinamica, come quello realizzato nel 1931 con la maglia dell’Italia contro l’Ungheria dall’oriundo Renato Cesarini, che ha segnato l’immaginario calcistico nazionale al punto da tenere a battesimo tutte le reti realizzate nel finale di partita da quel giorno per tutti i secoli a venire. Nella “disegnata” Cesarini scaraventa da parte con prepotente impazienza l’esitante compagno di squadra Raffaele Costantino, colpevole di cincischiare con la palla senza sapere bene cosa farne, e scaglia un tiro letale in direzione della porta magiara, siglando il gol del decisivo 3-2 a trenta secondi dalla fine.
Se si confrontano i gol di Silva, che si vantava a ragione di averne realizzati più di Maradona, con quelli delle immagini del tempo (soprattutto quelli segnati in era pre o paleo-televisiva), si notano spesso degli scarti, dovuti al fatto che in quegli anni Silva non assisteva di persona alle partite ma si faceva raccontare minuziosamente dai cronisti sportivi i dettagli delle azioni per poi riprodurle graficamente nelle sue tavole. Nonostante questo, le dissonanze visive e le imperfezioni riscontrabili nell’effettivo posizionamento dei giocatori, nelle dinamiche di gioco e nelle traiettorie del pallone rimangono in sostanza sorprendentemente minime, anzi non è raro che la rappresentazione che ne dà Silva tenda addirittura a farsi preferire rispetto agli “originali”, come se l’immaginazione messa in campo per inscenare questi schemi di carta abbia in fondo contribuito a renderli tuttora più autentici ed interessanti di quanto i gol reali si proponessero di essere in principio.