Alessandro Lucarelli supera il girello e va dritto verso il banco. La stazione di servizio è mezza vuota ma lui si sente comunque osservato. È una sensazione che non lo abbandona da giorni. È come se fosse nudo, indifeso, spulciato dallo sguardo di ogni individuo che incontra. Sembra quasi che anche gli oggetti inanimati prendano vita al suo passaggio, per scrutarlo. Chiede un Camogli e una bottiglia d’acqua naturale. L’uomo dietro al bancone, con la divisa mezza sgualcita e mezza macchiata, lo invita con tono seccato a fare la coda per lo scontrino. Alessandro, senza prendersela, si mette in fila. Davanti a lui c’è solo un signore di mezza età che ha deciso di gustarsi una stopposa Rustichella.
Al momento di pagare, cercando i soldi in tasca, gli rimane tra le dita un foglietto. Lo apre. Sul pezzo di carta legge i numeri del bonifico di Manenti, quello per gli stipendi arretrati. Ripensa alla figuraccia che ha fatto in banca, dove il direttore gli ha comunicato con imbarazzo che i codici erano falsi. Dal bagno escono Palladino e Nocerino. Loro non hanno fame, hanno lo stomaco chiuso da quando è iniziata tutta questa storia. Antonio ha ancora le mani bagnate e tira un coppino a Raffaele. Ridono. Alessandro, sentendo lo schiocco del colpo sul collo, si gira e abbozza un sorriso. Si siedono a un tavolino dopo avere buttato via la colazione di qualcun altro che non aveva sparecchiato. Il Camogli è un mattone. Alessandro non si ricorda l’ultima volta che ha comprato qualcosa in un Autogrill, ma ha la sensazione che prima i panini non fossero così scadenti. È strano, pensa, visto che stiamo per arrivare in Liguria dovrebbe essere un prodotto tipico. Spera che tra qualche ora quella focaccia non ritorni sù durante la partita.
Mentre affronta l’interminabile masticazione e cerca di inghiottire i bocconi, gli occhi di Alessandro cadono sulla macchina spremiagrumi appoggiata nella caffetteria accanto alla Speziale. Le arance, ormai prive di liquido, spolpate da dentro, vengono sputate dal marchingegno in un recipiente dove rimangono abbandonate in attesa di finire nel sacco dell’immondizia. La sua attenzione si sposta sul reparto dei salumi. Guarda una fila di salami, salamini e salsicce disposti su un piano. Sopra sono appesi i prosciutti, e in uno riconosce chiaramente i lineamenti di Ghirardi. In città molti lo vorrebbero vedere appeso, proprio come il prosciutto. Sulla destra, disposte in un angolo, sono allineate tre forme di Parmacotto. Alessandro le guarda e le forme di cotto ricambiano l’attenzione. Si sente ancora una volta osservato, come se quei prosciutti l’avessero riconosciuto e cercassero di infondergli coraggio. Un dolce frammento del passato irrompe nella sua testa. Il pallone colpito con il tacco che entra sotto l’incrocio nella partita contro il Torino. Il suo gol più bello. Le bandiere biancocrociate che sventolano. I compagni che lo abbracciano e i giornali che paragonano il suo tiro al tacco di Mancini di qualche anno prima, proprio su quel campo con la maglia della Lazio. Alessandro sfila davanti al reparto salumi, le forme di Parmacotto sono immobili, chiuse in se stesse in una freddezza inanimata. Le osserva, si avvicina a loro e le sfiora con la mano. Poi la ritrae con un brivido di vergogna e spera che nessuno si sia accorto di quell’intimo contatto.
Alessandro ritrova Palladino e Nocerino poco prima dell’uscita, dove ci sono i giornali e i dvd porno. Stanno sfogliando una rivista e commentano sottovoce le foto di Fanny Neguesha all’Isola dei Famosi. Fa loro un cenno, è tempo di tornare in macchina. Alla pompa di benzina Alessandro fa il pieno e al momento di pagare guarda in macchina verso gli altri, che fanno finta di niente. Sospira, in fondo è lui il capitano, gli tocca pagare anche questo. Il benzinaio indossa occhiali da sole a specchio ed è impomatato di brillantina. Assomiglia tremendamente a Kodra, il presidente albanase rimasto in carica meno di un mese. In macchina Palladino attacca l’iPhone all’impianto. Le note di Eye of Tiger dei Survivor riempiono l’abitacolo. Alessandro accelera. La strada per Genova è ancora lunga.