Il volto paonazzo è deformato in una smorfia allegra e stupida. Il respiro diventa affannoso, gli occhi si chiudono. Le mani si aggrappano allo stipite della porta cercando di scuotere le pareti. Per un attimo, nella mente di Joey Saputo, un caleidoscopio di immagini si succedono velocemente: il gocciolio del siero di latte da una mozzarella, il primo gol di Di Vaio per i Montréal Impact, Joe Tacopina con la camicia aperta e una catena d’oro al collo, il pizzetto di Spalletti, la finale di Usa ’94 tra Italia e Brasile.
A Pasadena, proprio in quel giorno, Joey conobbe Carmela, e oggi gli sembra impossibile che la stessa donna lo stia guardando, languidamente, dal basso. Joey e Carmela sono qui, nei camerini della Salle Wilfrid-Pelletier di Montréal, a festeggiare i primi vent’anni del loro matrimonio. Nel frattempo, grazie agli sforzi di Joey e Lino Jr., la Saputo Inc. è cresciuta fino a coprire buona parte del mercato caseario nordamericano. Joey ha finalmente superato l’odio e l’invidia nei confronti di Lino Jr, il fratello bello e intraprendente. A coronare il tutto sono stati i suoi quattro figli.
Joey vorrebbe stare lì a parlarle per ore, ma non c’è tempo. Tra poco dovrà incontrare nel foyer Michele Torpedine, il manager del Volo, i cui componenti sono stati invitati a cantare quella sera per festeggiare le nozze di cristallo di Joey e Carmie. Insieme a Torpedine, Saputo desidera sfruttare l’occasione per parlare con i pezzi grossi della ristorazione romagnola. L’obiettivo è rendere quella del 2016 l’estate dello squacquerone Saputo, l’estate in cui tutti i piadinari della Riviera utilizzeranno solo la sua mozzarella. In alcuni momenti di sconforto, Joey si è concentrato su questa idea: poter inaugurare, tra una decina d’anni, davanti al grattacielo di Cesenatico, una statua in bronzo raffigurante lui e una piadina strabordante di formaggio. La piadina Saputo, il cui ingrediente principale deve essere il suo stracchino, elaborato tramite le più raffinate ricerche di laboratorio.
La porta del bagno si apre di scatto. Una giovane ragazza si sistema la minigonna e urla biascicando: “Fanculo, anche stavolta mi sono dimenticata il profilattico” e, barcollando, esce dal camerino. Ignazio osserva la scena infastidito. Non è la prima volta che capita una cosa del genere. La denuncia dell’albergatore svizzero, infatti, aveva danneggiato non poco l’immagine pubblica del Volo, tanto che, immediatamente, Torpedine aveva imposto a lui, il quiet one del gruppo, di scrivere un tweet deciso ma, al contempo, pieno di speranza. “Questa notizia non risponde a verità”, aveva scritto, mimando un registro alto che però risultava più un tono a metà strada tra un Pippo Baudo ubriaco e un verbale da carabiniere. Ma il vero capolavoro era stata la frase di chiusura: “C’è troppa cattiveria in giro”. Una stoccata finale che rivelava un’ingenuità di fondo che le cinquantenni (o i cinquantenni) che speravano di diventare le/i loro groupie avrebbero sicuramente apprezzato.
Il tenore non ha il coraggio di affacciarsi alla porta del bagno per capire che cosa sia effettivamente successo. E, forse, non gli importa. Gli viene in mente un viaggio in treno, quando era già conosciuto ma non famoso. Di fianco a lui si era seduta una ragazza molto bella. I capelli ramati e il piercing al naso le conferivano un’espressione risoluta da persona che ha deciso di viaggiare per il mondo ma non sa ancora come farlo. Ignazio aveva cercato di impressionarla fingendo telefonate in cui parlava ad alta voce di teoria del solfeggio e affermava di essere un giovane tenore. Ben presto, però, si era dovuto arrendere all’indifferenza di lei e alla miseria propria. Chi potrebbe essere mai attratto da un cantante che fa intrattenimento per analfabeti? Perché, in fondo, questo era il punto. Nessun sacro fuoco, nessun interesse particolare per la musica, solo il desiderio di piacere agli altri per un motivo. Per qualsiasi motivo.
Ignazio si rianima, allontanando questi pensieri e quel poco di verità che da loro balena. Stanno bussando alla porta. Una voce femminile grida: “Cinque minuti!”. Ora non può più rimandare. Deve entrare in quel bagno e capire che cazzo hanno combinato gli altri due.
La Salle Wilfrid-Pelletier è la più grande sala da concerti del Québec. È un piccolo capolavoro modernista nel cuore europeo di Montréal. Saputo, per festeggiare le nozze di cristallo con Carmela, ha voluto fare le cose in grande. C’è anche una delegazione di tifosi bolognesi che, insieme a diversi sostenitori del Montréal Impact, srotolano uno striscione dedicato a Joey e Carmie. A Saputo non piacciono molto queste manifestazioni di un affetto che non ha mai chiesto e che, in fondo, non vuole. Gli sembrano pagliacciate da italiani troppo entusiasti. E lui, pur essendo figlio dell’incontro della cultura franco-canadese e di quella italiana, fatica a capire questa necessità di essere presenti in ogni occasione. Ma tant’è, non può mandarli via. Tanto vale fare buon viso a cattivo gioco e salutarli sorridendo.
Le luci si spengono e l’orchestra comincia a suonare le prime note di “Un amore così grande”. Il trio compare in scena: i tre cantanti entrano correndo, come da copione. Piero e Gianluca, però, appaiono eccessivamente euforici. Storpiano le parole, guardano Carmie Saputo leccandosi il pollice e passandoselo sulle labbra. Alla fine della prima canzone, Piero si aggiusta gli occhiali e grida al microfono: “Questa canzone è dedicata alla Carmie, che è così tanto bella che sembra una bella milfona. Maestro, un, ciù, tri”. Inizia una cover di Crazy Little Thing Called Love dei Queen, eseguita secondo il canone del crossover classico: un tocco di rock, un tocco di swing e quel gioco di tre voci tenorili-baritonali che, nelle intenzioni degli impresari, dovrebbe rappresentare il meglio della cultura italiana d’esportazione.
La frase detta da Piero, tuttavia, non è passata inascoltata: Joey, dopo essersi chiesto se il cantante avesse realmente pronunciato quelle parole, si è voltato verso Carmela, furente. Sul palco, Ignazio sembra l’unico a essersi accorto del disastro verso cui stanno andando incontro lui e i suoi due colleghi. Alla fine della cover, Gianluca aggiunge “Freddie era un po’ frocio perché non aveva mai visto Carmela”. Senza neanche aspettare la fine degli applausi del pubblico canadese, iniziano a cantare l’unica canzone richiesta da Joey in fase contrattuale: Rose rosse per te.
La porta del camerino oscilla sui suoi cardini spinta da un calcio di Joey Saputo. Prende una sedia e la mette davanti all’ingresso, decidendo di aspettare lì i cantanti. Se Pantaleo Corvino fosse lì insieme a lui, potrebbe fare veramente paura a quei tre segaioli. La sua complessione mastodontica, quell’italiano zoppicante infarcito di costruzioni salentine e il tatuaggio a forma di stadio sul braccio rappresenterebbero da soli un’ottima richiesta di scuse. Ma Joey è lì da solo e, per quanto massiccio possa apparire, non incuterà mai lo stesso timore del suo direttore sportivo. In fondo, questo è sempre stato il suo problema: una faccia bonaria su un corpo sproporzionato. Insomma, quello che in genere viene chiamata “faccia da pirla”, anche se lui, in fondo, pirla non è mai stato.
Oppure vorrebbe avere di fianco a sé Marco Di Vaio: il suo cranio rasato, l’eleganza stentorea e un tirapugni con il logo dei Montréal Impact sulle nocche d’acciaio. Amore e violenza, l’incontro di opposti che diventa atto di violenza pura e incontrollata: i volti tumefatti dei tre cantanti e le loro richieste di pietà come balsamo per le offese subite. Avrebbe bisogno di sfogarsi con una teglia di pasta pasticciata, il suo piatto preferito. Ma in quel camerino c’è solo il buffet preparato in Italia e offerto dal Ristorante Enoteca “Il Campione” di Bologna: Saputo deve accontentarsi di qualche dado di coppa di testa, un po’ di formaggio San Pietro e di alcune bruschette al friggione.
Finalmente arrivano Piero, Ignazio e Gianluca, insieme a Michele Torpedine. Il manager, che ha capito che aria tira, ha voluto essere presente dopo l’inaspettata richiesta di incontro da parte di Saputo. Nervoso, decide di mandare avanti i ragazzi. Gianluca, che evidentemente non ha capito lo stato d’animo di Joey, va verso di lui tendendogli la mano e dicendo: “Cumpà, hai visto che ti abbiamo fatto pure Rose rosse?” Joey sospira. Pensa solo alle rose regalate a Carmela. E a quanto vorrebbe far capire a questi paisani che questo è il Canada, non la Svizzera, infilandogli le rose nel culo una per una, spine comprese . A un tratto, tuttavia, un’immagine gli balena di nuovo davanti agli occhi. Il grattacielo di Cesenatico, una statua in bronzo raffigurante lui e una piadina strabordante di stracchino. Michele Torpedine al suo fianco che gli stringe la mano dopo il taglio del nastro. La piadina Saputo, la ricchezza, il motivo stesso per cui si è imbarcato nell’impresa suicida di comprare un mediocre club di calcio italiano.
Serra gli occhi, ingoia amaro e, quando li riapre, guarda Gianluca e dice: “Eh, mi avete preso in un momento in cui mi sento buono. Le vostre battute su Carmela sono state un po’ pepate, ma simpatiche. Pensate che, per motivi simili, ho fatto cacciare Tacopina…”. Michele Torpedine, piadina Saputo. Nella mente di Joey l’identità dei due termini diventa quasi un mantra. I cantanti, insieme al loro manager, escono. Joey si siede. Un rigurgito dal sapore di friggione gli risale l’esofago, giungendo alla bocca.
Prima di quell’istante, Joey non sapeva che la finale di Pasadena avrebbe cambiato la sua vita. Poi aveva visto una donna stupenda e tutto gli era apparso più chiaro. Il modo in cui ci scegliamo, le scelte che siamo portati a fare, la necessità di vivere sentendo che ogni passo compiuto è parte di un progetto in cui anche i dettagli non sono frutto del caso. Coniugare razionalità e desiderio in qualcosa di concreto: questo era stato il motivo che l’aveva spinto a fermare Carmela e a convincerla ad accettare un passaggio sul suo aereo privato dopo il rigore di Roby Baggio. Joey ricorda ancora oggi che, non appena si erano seduti e avevano scoperto di avere entrambi origini italiane, aveva pensato a due cose. Non avrebbe mai permesso a niente di diventare più importante di lei e, ogni anno, nel giorno del loro anniversario, le avrebbe cantato Rose rosse per te.