Da bambino non faceva arrabbiare nessuno, era un tipo tranquillo. Non aveva bisogno di dare nell’occhio per sentirsi protagonista, lui. Ma non era neanche uno di quelli che si facevano rubare la merendina con tanta facilità. Sapeva il fatto suo, mica come tanti che millantavano chissà cosa e poi, dopo una sberla, erano già ridimensionati per l’anno scolastico successivo. Anche adesso, in fondo, non capisce perché nello spogliatoio ironizzassero tanto sul fatto che fosse sposato con la prima ragazza che si era degnata di dargli un bacio a 16 anni. Sono loro, semmai, a doversi vergognare, all’alba dei trenta, di condurre ancora una vita così dissoluta. Che poi la moglie di quell’attaccante ben pettinato, a parte il seno rifatto, alla fine non è neanche un granché. Certo, qualche volta sotto la doccia ci aveva pensato anche lui. Ma quelle erano cose che appartenevano al suo privato. In ogni caso prima o poi il suo momento sarebbe arrivato. Si era sempre comportato bene, pensava, e quindi un giorno il destino l’avrebbe premiato. Gli avrebbe dato il suo grande momento di visibilità. Tanto tempo a sgobbare per permettere a quel discotecaro di segnare tutti quei gol, “ma cosa crede quello, io in campo sono importante quanto lui. E quando segnerò io, avrò fatto qualcosa che non spetta alle mie mansioni e allora potrò dire di aver fatto qualcosa in più rispetto a lui”. E quel giorno, tutti dovranno ricordare la sua esultanza. Perché lui sarà al settimo cielo.
Se il calcio è al centro del mondo, il sistema tolemaico è quello a cui dobbiamo rispondere finché non riusciremo a giocare nel Sole. Attorno al calcio ruotano allora sette cieli ognuno corrispondente a un pianeta, mentre l’ottavo è il cielo delle stelle fisse. Dall’ottavo cielo si entra però nel regno dell’ineffabile eternità divina.
- Il karma
“Lavoro sulla simbologia antica, la numerologia indiana, il pensiero positivo. Il mio obiettivo è quello di tirar fuori l’anima, il guerriero che c’è in ognuno di noi”. Così parla il motivatore di Leonardo Bonucci, che dice anche di averlo preso a pugni e costretto a mangiare caramelle all’aglio come gli antichi guerrieri. E questa storia del guerriero al difensore è rimasta in testa, tanto che al momento dell’esultanza cerca di tirar fuori tutta la sua rabbia: un’esultanza imperiosa che ha il sapore di un incantesimo capace di far calare le tenebre sui nemici più del gol stesso. Come dopo il gol al Milan. A salvarlo da un brutto incidente non è stato però il suo essere guerriero, quanto più probabilmente la simbologia antica, la numerologia indiana e il pensiero positivo. Eppure anche Bonucci, come tutti gli altri, avrà pensato: “Ancora una volta, ridono di me”.
- L’ingenuità
Maurides, fratello minore del più celebre Maicon difensore del Porto, esordisce con l’Internacional in una partita di Coppa del Brasile contro l’America di Belo Horizonte. È il suo momento, gli dei del calcio lo sospingono con il fresco soffio della purezza fino, addirittura, al gol all’esordio. Per lui è il segno che nulla potrà andare male. E allora i doni offerti in segno di ringraziamento devono essere vistosi, appariscenti, coreografici. Tra questi, Maurides decide di sacrificare anche il proprio ginocchio (13 mesi di stop).
- Lo stoicismo
Quando ritieni di essere il migliore, non puoi fermarti neanche per un momento. Appena alzi di poco il piede dall’acceleratore, tutti quei mediocri che erano lì a pensare “un giorno gliela farò vedere io” cominciano a rialzare la testa. Essere il migliore, spesso, dipende anche dell’immagine di sé che si dà ai nemici. Ecco perché se ti capita la stessa cosa che capita agli altri, devi fingere che non sia successo niente e andare avanti lo stesso. I nemici, non gli avversari: cioè tutti, compresi i compagni. Prendere in giro tutti, compresi sé stessi, è probabilmente una ricetta migliore della numerologia indiana.
- L’autolesionismo
Più si sale e più i cieli odorano di sudore. Ma è un buon odore, perché è quello del lavoro, di tutti i sacrifici che il piccolo e morigerato scolaretto ha dovuto fare per arrivare lassù, dove stanno quelli che costano tanto. Pensava di esserci già arrivato giocando per la Juve, purtroppo per lui la peggior Juve del ventennio. Incidente di percorso, perché alla fine Antonio Candreva è diventato uno dei giocatori più forti del campionato italiano. Ma la vita dovrebbe avergli insegnato che non bisogna peccare di superbia: quello possono farlo solo gli stoici o i guerrieri.
- Il rimorso
Fabian Espindola ha cominciato dal meglio cui poteva aspirare, il Boca Juniors. Le sue prime partite però non convincono, così che viene ceduto in terza divisione. In fin dei conti, pensa Fabian, è meglio non farsi prendere dal rimorso per aver avuto una possibilità e non averla sfruttata. Si può mollare tutto e cambiare vita. Si può sognare l’America. Durante una partita in una delle tante stagioni passate negli States, Espindola segna anche un bellissimo gol. Allora è lecito cominciare a pensare che il momento della felicità sia davvero arrivato. Invece il sudore del duro lavoro viene reso vano da un rasta fermo nel posto sbagliato. Il gol di Fabian è annullato per fuorigioco, ma per lui è troppo tardi.
- Non il fatto ma la sentenza
Giunti al sesto cielo, guardare in su è sempre più difficile, e il peso della decisione divina porta il segno dell’arbitrarietà. Non è importante ciò che hai fatto in vita, è importante chi deciderà quale sarà il tuo futuro. Il giudice non ebbe pietà: in questo caso il corpo fu forse salvo, ma l’anima no.
- Il tradimento
Il settimo cielo è l’ultimo accessibile all’uomo. Come sarà giudicato Paulo Diogo? Esultando dopo il gol, si arrampica alle ringhiere di contenimento della curva. Fatalmente la fede che porta al dito gli resta incastrata in uno spuntone di ferro e quando scende, invece che perdere solamente la fede, Paulo Diogo perde l’intero dito. Si è trattato di un abile trucco per trovare un cavillo legale che gli impedisse di essere considerato un fedifrago, o fu forse già quello il giudizio espresso su di lui?
All’ottavo cielo, si è andati oltre. Oltre il terreno, oltre il calcio. Non si parla più di infortuni. Solo l’imperio divino, o più probabilmente il caos accidentale e ingiustificato, può pronunciare verbo. Esso è il potere assoluto di vita e di morte, pagato a caro prezzo dall’umano (in questo caso Peter Biaksangzuala) senza alcuna ragione razionale.