Nel bagno, i caldi vapori della doccia si mescolano a quelli di una profumatissima acqua di colonia. Mentre le casse della radio suonano ad alto volume Take My Breath Away, una mano villosa pulisce il vetro dello specchio, rivelando un volto deciso e sensuale: Davide Ballardini si sta accarezzando le guance e il capo appena rasati, provando un potente senso di compiutezza. Dopo l’ultima sconfitta sa di avere le ore contate. Molto probabilmente Zamparini richiamerà Iachini, dando vita a quella girandola di panchine che ha caratterizzato tutti i campionati del Palermo degli ultimi anni.
Ma Ballardini non recrimina. Se non fosse stato esonerato ora, lo sarebbe stato a fine campionato. Indagando il suo percorso, infatti, si scopre che l’allenatore romagnolo non è mai stato sulla stessa panchina per più di una stagione. Forse perché il suo staff è tra i più costosi di tutte le serie professionistiche italiane. Forse perché, in fondo, ai presidenti non piace quell’aria imperscrutabile e sicura di sé. Forse perché Ballardini è considerato da tutti solamente il vessillo da sbandierare davanti ai tifosi per dire che tutto è stato provato, che la dirigenza ci ha creduto fino all’ultimo e che può ripartire con ambiziosi progetti dalla Serie B. Magari trovando un nuovo azionista di maggioranza canadese, russo, saudita o cinese. Ballardini, nel frattempo, è già ripartito con l’aereo verso un’altra meta, in viaggio tra l’esordio in serie C, la stagione della svolta a Cagliari e le ultime delusioni in serie A.
Tutto questo non sembra interessarlo. Anzi, quasi per un immotivato motto di spirito, oggi ha deciso che prima o poi si farà tatuare sugli avambracci due frasi in latino: “nec spe nec metu” e “noli me tangere”. Né con speranza né con timore. Non mi toccare – espressione attribuita a Gesù che alcuni biblisti traducono in senso più evocativo con “non mi trattenere”. Ballardini non è sicuro di aver capito bene il significato di quelle frasi, ma a volte l’istinto precede l’intelletto. Massaggiandosi il petto muscoloso, avvicinandosi di nuovo allo specchio, ricorda un film che conosce quasi a memoria e ripensa, quasi sussurrandole, alle parole di Maverick: “Sento il bisogno, il bisogno di velocità!”.
2004-2005 Sambenedettese. La fine dell’agosto del 2004 segna un punto di snodo nella storia della Sambenedettese: la presidenza Gaucci volge al termine e, dopo una lunga trattativa, l’imprenditore abruzzese Umberto Mastellarini e il procuratore Vincenzo D’Ippolito rilevano la società. In panchina chiamano l’esordiente Ballardini, proveniente dalle giovanili del Parma. Subito dopo la nomina, l’allenatore romagnolo compie professione di fede: “non avrò altro dio al di fuori di Arrigo”, confessa mostrando con orgoglio la propria calvizie e i Ray-Ban.
La prima stagione di Ballardini tra i professionisti della Serie C è positiva. I rossoblu conquistano i play-off, arrivando a un passo dalla promozione in Serie B. Ballardini gira con la sua Harley Davidson lungo la SS 16 Adriatica, fermandosi nei bar sulla spiaggia a bere Vodka Martini. Molto spesso, gli avventori lo vedono tenere in mano un paio di piastrine militari di cui nessuno conosce la provenienza. Prima della semifinale play-off contro il Napoli, ha la possibilità di dire: “È giunto il momento di fare la storia. Nessuna paura”. Al San Paolo la Samb perde 2-0 (dopo aver pareggiato 1-1 in casa). L’angelo della storia sorride.
Pochi giorni dopo, però, arriva l’annuncio in conferenza stampa. L’allenatore ravennate terminerà con un anno di anticipo il suo contratto con la società rivierasca. Alle domande dei giornalisti, risponde nascondendosi dietro i suoi occhiali da sole. “Mi sono dimesso dalla carica di allenatore della Sambenedettese Calcio. Avevo già anticipato le mie intenzioni due mesi fa durante un’intervista ma a quanto pare le mie parole non erano state prese con la dovuta serietà. La società che intende assumermi dovrà prima accordarsi con il club rossoblu […] Il motivo da cui è scaturita questa mia scelta non riguarda assolutamente i programmi futuri della Samb; anzi in questa città ho avuto un rapporto così bello con la gente, con la squadra e con la dirigenza che rimarrei volentieri a vivere qui. Purtroppo la vita di un allenatore è fatta di grandi accoglienze e di improvvisi addii e questo è uno di quei momenti”. In altre parole, è colpa degli altri se nessuno ha capito le sue intenzioni. E poi è la grande giostra del calcio, il pallone è rotondo e siamo tutti professionisti. Dato di fatto: pochi mesi dopo, Ballardini stringerà un accordo con il Cagliari di Cellino, subentrando a un altro romagnolo, Daniele Arrigoni, alla terza di campionato. I dirigenti della Sambenedettese, invece, cominceranno un lento processo di smantellamento. Uno dei soci, D’Ippolito, si dimetterà, seguito pochi giorni dopo da Ortega, il nuovo allenatore. Nella stagione 2005-2006 la Sambenedettese si salverà ai play-out, e dopo un’asta fallimentare riuscirà a trovare il modo di iscriversi in C-1 anche per la stagione 2006-2007.
2007-2008 Cagliari. Davide Ballardini è il figliol prodigo di uno dei presidenti meno amati della Seria A, Massimo Cellino. Per il Cagliari è una stagione difficile. In panchina parte Marco Giampaolo, che però fatica a tenere unito lo spogliatoio pur ottenendo discreti risultati. A fine ottobre Marchini e Foggia sono al centro di un violento litigio: entrambi vengono messi fuori rosa e, dopo qualche giorno, Giampaolo viene esonerato. Cellino chiama sulla panchina Nedo Sonetti, ma il rapporto tra i due si deteriora nel giro di pochissime settimane. Dopo il licenziamento del traghettatore di Piombino (si tratta, infatti, di un “licenziamento per giusta causa” e non di un semplice esonero), l’imprenditore sardo richiama Giampaolo, che però rifiuta. La crisi viene risolta da lui, il Maverick di Ravenna. Ballardini torna dove nel 2005 aveva fallito.
La stagione diviene così il percorso di redenzione personale del tecnico romagnolo, che dopo due anni e una (parte di) stagione passata a Pescara, ha imparato che le piastrine vanno lanciate in mare durante un tramonto estivo e che non si deve mai guardare indietro. Quello che è stato è stato, Arrigo non tornerà più ad allenare, d’ora in poi dovrà cavarsela da solo. Ballardini ha capito che è meglio fingere di rispettare tutti, dai magazzinieri ai giornalisti, mostrando al contempo distacco professionale. Ciò si traduce nell’affettazione legata all’enfasi della parola “Lei” ogni volta che Ballardini interpella qualcuno. Insomma, bisogna dare del Lei a tutti per dare l’idea di non essere dilettanti allo sbaraglio e per fingere una stima inesistente. Tanto, poi, alle spalle delle persone si può fare tutto.
Cellino si ritrova così davanti a un altro uomo. Più consapevole e maturo. Sicuramente più cinico. Lo scampolo di stagione segna la svolta della carriera di Ballardini, che riesce a portare al quattordicesimo posto un Cagliari in costante emergenza. Nonostante ciò, il contratto non viene rinnovato. Ballardini riesce a ricollocarsi in pochi mesi. D’altronde, ormai, fa parte del giro che conta. Nel settembre del 2008 viene chiamato da Zamparini al Palermo. Rimarrà, come al solito, una sola stagione. Nel giugno del 2009 diventerà la nuova guida tecnica della Lazio.
2013-2014 Bologna. Bologna era la squadra per cui tifava il padre di Davide, Primo. Questa è la prima cosa che dichiara il tecnico ravennate quando viene chiamato da un Albano Guaraldi alla disperata ricerca di un’àncora. Il Bologna sta lentamente precipitando verso la Serie B. E questo significa una probabile crisi societaria e una maggiore difficoltà a piazzare il “brand” Bologna. Perché, in fondo, tutto è già deciso e il segnale è stato lanciato a febbraio, quando Guaraldi ha venduto Diamanti: non ci sono più soldi e bisogna trovare in fretta un nuovo proprietario. Nel frattempo, per calmare gli animi, dopo l’esonero di Pioli è necessario disporre di qualcuno che non remi contro e che, al contempo, rassicuri i tifosi.
Viene scelto di nuovo Ballardini, reduce da una stagione poco fortunata al Genoa. Il compito non è facile perché ci si deve salvare e la squadra è uscita indebolita dal mercato di gennaio. Il ravennate si dimostra da subito sicuro di sé: non c’è problema, senza Diamanti si giocherà meglio perché gli altri dieci giocatori dovranno imparare a dialogare meglio sul rettangolo di gioco anziché passare sempre la palla ad Alessandro. Le parole, tuttavia, rimangono tali: il Bologna è in continua crisi e, a maggio, dopo la sconfitta interna contro il Catania, retrocede. Intervistato dalla Rai, Ballardini, senza occhiali da sole, dice che purtroppo la squadra è retrocessa gradualmente durante un girone di ritorno sfortunato, che non tutte le responsabilità sono da attribuire ai giocatori e che il Bologna tornerà presto ai livelli che gli sono propri. È soprattutto quest’ultima frase a colpire: a pochi minuti dalla sconfitta, Ballardini parla già da ex. Come se la questione non lo riguardasse più, come se avesse voglia soltanto di chiudere la conversazione e andare a casa. L’importante, però, è dare del Lei a tutti e mantenere i nervi saldi. Alla fine dell’intervista, si lascia andare anche a una battuta: “Io ho sempre concluso i campionati bene. Non siamo mai scesi di categoria. Ora che siamo retrocessi, starò fermo tre anni”. E tanti saluti ai tifosi rossoblu.
2016 Palermo. L’odore di acqua di colonia arriva fino alle ultime file, occupate da blogger e giornali sportivi di nessun interesse. Ballardini ha concluso ora la conferenza stampa. La sua esperienza al Palermo si conclude in quell’istante. Non c’è tempo per le recriminazioni. Non c’è tempo per piangere miseria e dire che la mediocrità di questo Palermo si riflette nelle difficoltà di Zamparini, che non riesce più a rimpinguare le casse societarie. Il tecnico romagnolo saluta dando del Lei a tutti. Si infila i Ray-Ban e il giubbotto di pelle, esce in strada. A cavallo della sua Harley Davidson, mentre in sottofondo (anche se in crescendo) torna a risuonare Take My Breath Away, si allontana verso il disco arancione del sole al tramonto.