Estate 1983. Giorni e mesi di eccessi e vanagloria, di socialisti e tecnologie analogiche. L’Udinese calcio ha appena colto un eccellente sesto posto in Serie A, ma l’ambizioso presidente Lamberto Mazza, cavaliere del lavoro, coltiva sogni di gloria. Dopo Virdis e Causio, tesserati l’anno precedente, la società ha raggiunto un accordo per portare in Friuli nientemeno che Zico. Dopo un contenzioso burocratico con la FIGC che spinge i tifosi bianconeri a scendere in piazza al grido di “Zico o Austria”, il Pelé bianco può essere regolarmente ingaggiato. Prezzo di mercato: sei miliardi. Gli abbonamenti si impennano, sono 26.611. Ma non basta. Mazza scalda i motori, sente che è il momento di osare. Vuole il cielo, anzi il “Cosmo”. Questo il nome con cui viene ribattezzato l’enorme megaschermo che alla fine della stagione (a dire il vero deludente) ’83-’84 verrà installato nello stadio Friuli per intrattenere un pubblico avido di novità tecnologiche. Produzione giapponese, schermo a colori, dimensioni 8 metri per 9,45, il prezzo è di poco inferiore a quello di Zico, intorno ai 5 miliardi. Il tutto mentre la Zanussi di Mazza metteva gli operai in cassa integrazione, facevano notare i disfattisti. Ma ne vale la pena: è lo schermo da stadio più grande di tutta Europa.
Una storia di successo e coraggio, se non fosse che i sogni dell’Udinese subiscono in pochissimo tempo un drastico ridimensionamento. Zico parte nell’estate dell’85 dopo un nono e un undicesimo posto, e già dall’anno successivo la squadra si ritrova impantanata in un umiliante saliscendi tra A e B. Ne fa le spese anche il povero Cosmo e forse, a ripensarci oggi, era destino. Il gioiellino aveva visto appunto la luce in Giappone nel 1984, in pieno boom economico e tecnologico. Lo stesso anno di “Big in Japan”, l’effimero ma travolgente successo degli Alphaville che raccontava, quasi profeticamente, il destino di quei gruppi europei popolarissimi nel paese del Sol Levante ma quasi sconosciuti in occidente. Concepito con velleità di grandezza dal colosso Matsushita, Cosmo sprigionava il potere di quarantamila lampadine a incandescenza. Era stato pensato per i grandi stadi americani e per i concerti oceanici dei Duran Duran o di Seiko Matsuda, la popstar giapponese che primeggiava nelle classifiche di vendita di quel folle e orwelliano anno. Di calcio forse non aveva neanche mai sentito parlare ma non sarebbe stato lasciato solo: a programmarlo ci pensava lo stesso presidente Mazza attraverso la sua Zeta Color spa, incaricata anche della manutenzione e della programmazione.
In fondo la destinazione non era la peggiore possibile. La scelta dell’Europa, infatti, gli permetteva di dominare un intero continente, mentre in America avrebbe dovuto cedere il primato a quelli del Memorial Coliseum di Los Angeles e del Veterans Stadium di Filadelfia. In Italia, tra l’altro, Cosmo poteva assistere da protagonista all’esplosione del campionato capace di attrarre Platini, Maradona, Falcao, Rumenigge e, appunto, Zico.
Di sicuro l’adattamento al freddo friulano non deve essere stato dei più semplici per il fenomeno giapponese, costretto dalla Zeta Color a mansioni indegne del suo potenziale. Acceso una volta ogni due settimane (pause escluse), un’ora prima della partita, trasmetteva notiziari, formula uno, pubblicità ma soprattutto aggiornamenti dagli altri campi e la schedina del Totocalcio, quasi un affronto monotono e monocromatico per uno strumento del futuro, capace di trasformare i colori in entusiasmo. Probabile che gli unici momenti di tenerezza arrivassero quando gli permettevano di diffondere spezzoni di cartoni animati giapponesi, popolarissimi all’epoca.
Per il resto, neanche il tempo di stancarsi di trasmettere i replay dei gol Zico che il progetto-Udinese subisce appunto un ridimensionamento feroce. Dopo aver mancato per due anni l’accesso alle coppe, Cosmo saluta Zico e la serie A nel giro di un anno. Non deve essere stato facile per il megaschermo passare da Zico a Carnevale e poi (con tutto il rispetto) a Totò De Vitis, mentre i suoi “colleghi” della Matsushita, magari meno talentuosi, trasmettevano Superbowl, messe oceaniche, comizi e tornei intercontinentali.
Nel 1991 lo schermo smette di trasmettere. Il motivo, a quanto pare, è una lite tra il nuovo e il vecchio proprietario. Pozzo contro Mazza, ma la vittima sacrificale è soltanto l’ormai ex gioiellino. Cosmo interrompe le trasmissioni, trasformandosi in un triste ammonimento nero e silenzioso alla tracotanza degli sfrenati anni ottanta. Chissà, forse dietro la sua fine c’è un suicidio tecnologico e volontario, un harakiri professionale maturato in seguito alla delusione per un compito così modesto e provinciale o in sdegno agli eccessi di un decennio. O forse soltanto la nostalgia di casa e la speranza di essere richiamato in patria dalla Matsushita, divenuta nel frattempo Panasonic ma insensibile di fronte al grido di dolore del brillante figlio fattosi ferraglia. E così il mega schermo assiste con muto e impotente dolore a vent’anni di eventi calcistici e non. Perde l’occasione di contribuire alla messa di papa Wojtyla (che arriva al Friuli nel ’92) agli esordi dei conterranei Kazu Miura (che in realtà gioca solo nella stagione ’94-’95, mentre l’Udinese è in B) e Hidetoshi Nakata, ai battesimi di massa che ogni anno i Testimoni di Geova effettuano nello stadio, ai concerti di Madonna, Bruce Springsteen e Bon Jovi. O forse sta solo aspettando. Vuole godersi questi eventi da semplice comparsa assaporando il ritorno dell’Udinese nel calcio che conta, gli exploit di Amoroso, Bierhoff, Di Natale, o anche solo del pampa Sosa, dei due Asamoah e di Muzzi, calciatore simbolo dell’ Intertoto 2000, unico trofeo di quegli anni.
Nel frattempo, però, i suoi circuiti decadono, le sue giunture si aprono e lasciano entrare aironi e altri uccelli migratori che ne fanno il loro alloggio stagionale durante il freddo inverno carsico. Allo stadio ricompaiono persino le vecchie radioline, messe troppo presto in soffitta da alcuni spettatori. Il vecchio Cosmo continua il suo sciopero silenzioso ma accoglie tutti, osserva tutti, è un monito per tutti. Anche se tutti, ovvero gli spettatori, all’inizio continuano a voltarsi verso di lui e a indicarlo, chiedendosi quando le sue luci torneranno a risplendere. Poi, pian piano, ne fanno un oggetto di scherno. O peggio, lo dimenticano.
Solo nel 2010 la società provvede a smontarlo e sostituirlo. Dopo circa un ventennio di abbandono, in vista anche dell’imminente ristrutturazione del Friuli, viene installato un nuovo e più grande megaschermo al Led di ultima generazione: il nuovo Cosmo. Per molti tifosi è un lieto fine, una felice conclusione di una vicenda di degrado, una parentesi richiusa. Chissà cosa ne pensa il vecchio schermo, ormai obsoleto, trasferito in una delle eco-piazzole di Udine e probabilmente fatto a pezzi e rivenduto al chilo agli elettricisti locali. Cicatrice del passato, Cosmo il vecchio si fa definitivamente da parte per lasciar spazio ad altri sogni di gloria. Quelli degli anni ottanta, dopo essersi spenti, svaniscono nel nulla.